mercoledì 28 gennaio 2009

sihit L’acqua (che nessuno vede) nella guerra

torra agoa<
Perciò il furto di acqua dalle condutture di Israele é comune in quella regione.La regola del gioco è questa: mentre il palestinese non há accesso all’acqua per bere, l’israeliano si è abituato a un uso senza restrizioni.In questa situazione, si può immaginare un’altra forma di uso condiviso delle risorse idriche nei prossimi anni? Si può immaginare la sopravvivenza di uno stato e, in questo caso, della Palestina, senza il controllo effettivo dell’accesso e della distribuzione dell’acqua di cui ha necessità?Dal 1948, Israele da la priorità a progetti, anche bellici, per garantirsi il controllo dell’acqua nella regione. Tra questi:
la costruzione dell’Acquedotto Nazionale (National Water Carrier);
nel 1967, si è annessa i territori palestinesi di Gaza e Cisgiordania e ha levato alla Síria le Alture del Golan, ricche in fonti di acqua, per controllare gli affluenti del Giordano. Riguardo a questa guerra, Ariel Sharon disse che l’idea era nata nel 1964, quando Israele decise di controllare la fornitura di acqua; nel 2002, la costruzione del ‘muro di sicurezza’ permise il controllo israeliano di quasi la totalità dell’acquifero del Basin, uno dei tre maggiori della Cisgiordânia, che fornisce 362 milioni di metri cubi di acqua all’anno. Secondo Noam Chomsky, “il Muro ha già recinto alcune delle terre più fertili del lato orientale. E, fatto cruciale, estende il controllo di Israele sulle risorse idriche critiche, di cui Israele e i suoi insediamenti possono appropriarsi come vogliono...” [4]. Già prima del muro, metà dell’acqua forniva gli insediamenti israeliani. Con la distruzione di 996 chilometri di condutture d’acqua, alla popolazione palestinese che vive vicino al muro manca l’acqua da bere; prima di restituire (simbolicamente) la fascia di Gaza, Israele ha distrutto le risorse idriche della regione. E, ad oggi, non c’è infrastruttura idrica nelle regioni palestinesi. Quanti parlano di queste cose??? Nel 2003, alla 3ª Conferenza Mondiale dell’Acqua, a Kyoto, Mikhail Gorbachev sollevò il problema dei conflitti mondiali per l’acqua: contabilizzò, allora, 21 conflitti armati con l’obbiettivo di appropriarsi di più fonti di acqua; di questi, 18 avvenivano in Israele.Gestione congiunta, consumo egualitario di acqua, etica e consenso nell’acqua – parole belle sulla carta, sui tavoli dei negoziati, sui media... Nella pratica, un’utopia.Cosa stanno aspettando l’ONU e i padroni del pianeta per esigere che Israele osservi le regole internazionali sull’acqua, contenute nelle convenzioni, accordi, dichiarazioni (e altre schiocchezzuole)... ?Chi avrà il coraggio di creare regole chiare e oggettive per punire la violazione dei diritti dei popoli e delle nazioni alla loro sovranità sulle proprie risorse e ricchezze naturali? Note:[1] Avvocata ambientalista, coordinatrice del programa Eco&Azione, Presidente della Ong Ambientale Acqua Bios e dell’Accademia Libera delle Acque, website: http://www.ecoeacao.com.br/[2] http://jbonline.terra.com.br/jb/papel/internacional/2002/11/23/jorint20021123004.html[3] http://www.galizacig.com/actualidade/200403/portoalegre2003_muro_humilhacao_e_roubo.html[4] Dal libro di Noam Chomsky: Nuovi e Vecchi Ordini Mondiali, São Paulo, Ed. Scritta, 1996.

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sighit Sei in America: dici la verità e la tua carriera è finita

torra agoa<
Anche i bombardamenti e cannoneggiamenti di case e villaggi in Afghanistan da parte delle truppe USA e dei fantocci americani della NATO sono crimini di guerra. Obama non può far osservare la legge, perchè lui in persona l'ha già violata.

Per decenni il governo USA ha assunto la posizione che l'espansione territoriale di Israele non è limitata da alcuna legge internazionale. Il governo USA è complice dei crimini di guerra di Israele in Libano, a Gaza e nella Sponda Ovest.

Il mondo intero sa che Israele è colpevole di crimini di guerra e che il governo USA ha reso tali crimini possibili fornendo le armi ed il sostegno diplomatico. Quello che Israele e gli USA hanno fatti in Libano ed a Gaza, non è differente dai crimini per i quali i Nazisti sono stati processati a Norimberga.

Israele lo capisce benissimo, ed il governo israeliano sta già preparando la propria difesa, che sarà guidata da Daniel Friedman , Ministro della Giustizia ( sic ) di Israele.

Richard Falk, funzionario ONU per i crimini di guerra, ha paragonato il massacro fatto da Israele a Gaza alle morti per inedia ed ai massacri dei Nazisti nel Ghetto di Varsavia.

Amnesty International e la Croce Rossa hanno chiesto che Israele sia ritenuta responsabile di crimini di guerra.

Anche otto gruppi israeliani per i diritti umani hanno invocato un'indagine sui crimini di guerra di Israele.

L'ordine di Obama di chiudere la prigione di Guantanamo non vuol dire nulla : fondamentalmente, l'ordine di Obama è solo un fatto di pubbliche relazioni : i tribunali ed i processi sono già stati chiusi dalle corti USA e dagli avvocati militari, che si sono rifiutati di perseguire delle accuse prefabbricate.

La gran parte dei prigionieri erano sfigati catturati dai signori della guerra Afghani e venduti per denaro quali "terroristi" a quei "gonzi" di Americani.

La maggior parte di tali prigionieri, indicatici dal regime di Bush come "le più pericolose persone al mondo", sono già state liberate.

L'ordine di Obama non dice nulla circa la chiusura delle prigioni segrete della CIA, o circa il bloccare pratiche illegali quali la "rendition" (*) nella quale la CIA rapisce persone che poi manda in paesi del terzo mondo [ dove la tortura è legale ], tipo l'Egitto, perchè siano torturati.

(*) [ Giusto per capirsi: rendition - handing over prisoners to countries where torture is allowed ; esiste in americano una singola parola con la quale dire "consegnare/abbandonare prigionieri in paesi dove la tortura è permessa"..., ndt ]

Se Obama vuole che gli USA diventino una nazione di legalità, invece di restare una nazione nella quale per gli interessi di alcuni si portano avanti azioni che vanno oltre la legge, dovrà prendersi dei rischi che i politici opportunisti non si sono mai assunti.

Non si può dire la verità, in America. Non nelle università, non sui media, non nei tribunali, il che spiega perchè imputati ed avvocati difensori si siano arresi nei processi e gli sbirri ricorrano in appello per meno reati di quanti non ne accadono.

Il governo non dice mai la verità. Come ha detto di recente Jonathan Turley : Washington è [ quel posto ] " dove i princìpi vanno a morire."

Paul Craig Roberts, Assistant Secretary of the Treasury nell'amministrazione Reagan

Tradutzione pro FDF.com dae Massimo Frulla

Fonte > CounterPunch 26 gennaio 2009

torra a sa defenza<

martedì 27 gennaio 2009

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La forza trainante dietro questo affare era il Dr. (in seguito professore) Shiba, che era all'epoca Direttore del Ministero della Salute. Posso onestamente affermare che lui era un comprovato razzista, credeva veramente nella supremazia genetica degli Ebrei Ashkenazi. Shiba decretò che se una famiglia voleva mandare il loro bambino in Israele, ma poi lui, o qualcuno nella sua famiglia era malato, il suo ingresso era proibito, temendo che i suoi parenti volessero raggiungerlo successivamente in Israele.

-Dr. Nissim Amzaleg-
Loro credevano all'epoca che i disturbi della salute fossero genetici, la fitotricosi era allo stesso livello della tubercolosi. Il presopposto era che qualche persona fosse ricettiva a quelle indisposizioni. Basata sulla teoria eugenetica, le radiazioni furono vigorosamente applicate nei centri Israeliani ed all'estero, come trattamento preferito.

tradutzioni pro sa defenza dae: Antonella Pacilio

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lunedì 26 gennaio 2009

sighit lo-sterminio-eugenetico-dei-bambini.

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continua dialogo 1°video
(David Den) Sono nervoso? Il mio stomaco è una zangola. Sto tornando indietro nel tempo di 46 anni, alla mia lunga infanzia perduta, la mia lunga gioventù perduta, per rivivere gli eventi che hanno rovinato la mia vita. Il campo era situato all'entrata di Haifa, accanto al vecchio cimitero, l'unico ancora esistente..."Shaar Ha'aliya" centro di trattamento, Haifa. Stiamo parlando dirca 70.000 vittime, la maggior parte di loro morte a causa di quel maledetto concetto. Si, è questo il posto. Il mare era là, non c'erano palazzi o alberi, solo le montagne alle nostre spalle. Il treno correva qui. Ricordo come ci arrampicavamo al recinto per veder andar via il treno.
E seguivamo i vagoni che scaricavano nuovi bambini, nuove vittime portate qui per essere trattate così orribilmente.


tradutzione 2° video
Le risorse che aumentarono i profitti includevano sette macchine Picker X-ray, la miracolosa invenzione americana.
Era così troppo zelante chiudere un occhio sulla qualità della merce? Uno sguardo ai cursori rivela che le macchine sono datate, almeno vecchie di 10 anni, probabilmente armi americane in eccedenza.
Loro non intendevano veramente curare i bambini dalla tricofitosi, ma furono usate come trattamento ausiliario per prevenire la recrudescenza.
Le radiazioni dei raggi X ebbero come risultato una temporanea perdita di capelli, facendo sì che le infermiere spalmassero iodio sulle lisce teste rasate dei bambini.
- Ringworm dept. Shiba Hospital -
L'abituale trattamento per la tricofitosi erano radiazioni ionizzanti.
Il cuoio capelluto veniva diviso in 5 parti, e per 5 giorni consecutivi le radiazioni erano applicate su parti alternate della cute.
Era veramente bizzarro che questo trattamento, inclusa la parte delle radiazioni, fosse sotto la responsabilità della "divisione di medicina sociale" del ministero della Salute.
Perchè il trattamento della tricofitosi era stato tolto al Dr. Peretz, e cosa c'era dietro questo titolo dal suono innocente "medicina sociale"?
E' una vaga interpretazione di una dottrina medica chiamata "eugenetica".
Dr. Nissim Amzaleg, ricercatore di Storia della Scienza.
"La teoria Eugenetica fu sviluppata all'inizio del ventesimo secolo nel mondo Anglosassone dopo che la teoria di Darwin divenne famosa.
I politici ed i leaders della società stavano decidendo che tipo di persone sarebbero state utili alla società. Loro credevano che i tratti positivi potessero essere trasmessi ereditariamente.
Così presero la responsabilità d'incoraggiare la riproduzione di persone ritenute utili ai loro occhi, e di scoraggiare quella di persone con tratti negativi."
Chaim Malka, autore di "La selezione"
"Uno dei maggiori ricordi come denso di pregiudizi, era la leadership in quei giorni.
Giora Yoseftal chiamava I Marocchini " primitivi" e " arretrati".
Levi Eshkol chiamava loro "spazzatura umana" e "gente difettosa".
Nachum Goldman descrisse gli Ebrei Nord Africani come "una catastrofica immigrazione".

tradutzioni pro sa defenza dae: Antonella Pacilio

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sighit -si siamo tutti stupratori

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Siamo a uno stupro dei peggiori. A una violenza pubblica di gruppo, di potere e di vertice contro un'intera regione. Contro il suo diritto a scegliere i propri governanti in un dibattito duro ma sereno, senza il sopruso di interferenze governative e anche vescovili inaudite, senza precedenti. Purtroppo non ci si può appellare sempre e per tutto a Napolitano, che fa quel che può per contenere Berlusconi. Però stavolta forse si dovrebbe. Ma provate a immagine, benché del tutto impensabile, cosa avrebbero detto e fatto se mai Prodi da premier si fosse esibito nella decima parte delle sortite del Cavaliere. Ma quando mai in passato un primo ministro - De Mita o Craxi, Ciampi o Amato e D'Alema - hanno mai gettato nel fango e nel grottesco il loro ruolo di guida del governo.
Berlusconi è senza limiti e purtroppo ha scelto la Sardegna per una delle sue perfomances più squalificanti e offensive. Offensive per i sardi, soprattutto. Al punto da rendere queste elezioni un test non elettorale e politico ma una prova di dignità per il nostro popolo. Mostreranno di averla persa, se accetteranno questa umiliazione al cospetto dell'Italia, se subiranno passivamente questo scandalo che comincia a essere percepito anche nazionalmente. Se così fosse ma stentiamo a crederlo, si preparino a trascinarsi in massa fino alla Certosa e in ginocchio fare atto di sottomissione. Al padrone e al suo candidato: «quel signore che appare sempre alle sue spalle e che i più scambiano per un “body gard”», come lo ha icasticamente fotografato Antonello Soro.

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sighit Sì, siamo tutti stupratori

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Il crescendo di parole in libertà, balle spaziali, barzellette e battute ai comizi prima su un lager nazista ora sugli stupri, da tre settimane ha come palcoscenico esclusivo la Sardegna, festosamente oggetto di un'invasione che dovrebbe rallegrarla.Eppure 'è chi parla di aggressione inaudita, di assedio offensivo. Purtroppo siamo fra questi ingrati. Siamo stati i primi e i soli a denunciare questo scandalo che vede gli apparati di Stato e di governo, con le tv “pubbliche” (per non parlare degli scandalosi Tg5 e Rete 4 e Italia Uno, più i bollettini televisivi regionali) militarizzati per la campagna elettorale di “Berlusconi presidente”. Non a favore del candidato-fantoccio Cappellacci ma esclusivamente contro Renato Soru. A spese nostre, utilizzando il ruolo e le prerogative della presidenza del Consiglio. Occupando indebitamente a saturazione, a reti e anche testate unificate, tutto lo spazio possibile. Il potere governativo allargato (nella partita sono entrati alcuni vescovi sardi, arruolatisi come mons. Mani fra i cappellani di Forza Italia: il premier invocava missionari e ha trovato prelati) e quello mediatico sono schierati contro un esponente delle istituzioni: qual è il presidente uscente della Regione. Al quale nulla è concesso in termini di contraddittorio e di spazio nei tg: dove scorrono solo gli insulti del Cavaliere e a oltranza compare - accanto a Berlusconi - il suo maxi-orsacchiotto Cappellacci, detto “ridere sì, parlare no”, tranne su imbeccata del premier-piazzista. A Soru non resta che querelare Berlusconi per le parole infamanti su 30 milioni andati a Tiscali dall'appalto Saatchi: annullato, come è noto a tutti, senza che un solo euro della dotazione sia uscito dalla casse regionali. Ma che importa? Diffamate, diffamate, qualcosa resterà. In caso di processo, c'è sempre il lodo Alfano, lo scudo spaziale che il ministro-ex segretario personale ha alzato a protezione del suo premier.
Ma intanto, sulla scia del committente e sponsor, il candidato-fantoccio felicissimo della sua patetica visibilità genere Andy Luotto (il finto arabo fisso alle spalle di Renzo Arbore) continua anche lui a dare i numeri. Aveva cominciato alla Fiera, il 10 gennaio: eleggetemi e la Sardegna avrà centomila posti di lavoro in Sardegna (ma 25 mila sarebbero di troppo: sono 75 mila i disoccupati sardi, gli ha ricordato il solito “torvo” Soru). Galvanizzato da padron Silvio (decuplicherà i soldati anti-stupro nelle strade, da tre a trentamila: le mille balle blu si innalzano nel cielo d'Italia), Cappellacci si adegua alla sparate. Bonus di cinquemila euro a ogni disoccupato sardo entro i primi cento giorni se sarà presidente. Centomila posti, cinquemila euro, cento giorni di napoleonica ma infausta memoria: dove arriverà il simpatico maxi-orsacchiotto del Cavaliere? “Sardegna, volta pagina”, grida l'Unione Sarda nelle tre pagine domeinicali per Berlusconi, nelle prime Soru ovviamente non è neanche nominato: basterebbe voltare giornale. Numerì in libertà anche sui sondaggi: venti giorni prima Cappellacci era in crescita, sabato avanti di tre punti, il giorno dopo quattro su Soru. Ancora due settimane e vincerà col 99,9 per cento.
È proibito, illegale milllantare pubblicamente i sondaggi in questo modo, vietatissimo a ridosso delle urne. Ma ogni legge va sottomessa a Berlusconi, lui le può violare tutte e nessuno fiata. Eppure è segno di paura, questo sbandierare vantaggi: inesistenti. Non perché sia Soru a replicare difensivamente d'essere in testa di sei lunghezze. Perché è ben noto e largamente ammesso che Soru sta reggendo benissimo all'assedio berlusconiano. A destra non pochi temono addirittura che l'asfissiante presenza del premier faccia scattare un riflesso patriottico per Soru e penalizzi il rivale sempre più ectoplasmatico. Resta il fatto che Berlusconi, capo del governo, viola le regole che lui dovrebbe per primo far rispettare. Ma soprattutto la decenza istituzionale, la dignità del ruolo gettandola a spese dei contribuenti in una forsennata campagna da agit prop con toni sempre più squallidi. In un momento di inaudita gravità per l'Italia, mostra la statura di statista esibendosi al peggio.

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domenica 25 gennaio 2009

sighit Gaza, la Grecia e l'importanza della solidarietà

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Lotta al sionismo
Ci sono concreti legami tra l’omicidio da parte della polizia di Alexis Grigoropulos in Grecia, quello di Oscar Grant a Oakland e l’omicidio sionista di massa di Gaza. Il ruolo centrale degli USA e di Israele nello sviluppare un sistema globale di repressione poliziesca non è estraneo alla loro storia comune di stati nati dalla colonizzazione. Come hanno scritto Aime Cesaire, Franz Fanon ed altri, è nelle colonie che si sono sviluppati i metodi, l’apparato e l’ideologia del fascismo. Campi di concentramento, leggi speciali che espropriano intere popolazioni in base alla “razza”, e sistematico annientamento dei popoli: l’Europa ha fatto questo in Africa, nel mondo arabo e nelle americhe prima di rivolgersi al suo interno. E’ nelle colonie che nascono intere nuove classi la cui esistenza dipende dalla repressione: le varie formazioni militari e paramilitari della guarnigione coloniale diventano la polizia, mercenari e guardiani dello stato totalitario. Germania, Italia e Spagna avevano reclutato le loro forze repressive dalle colonie. I coloni algerini furono il fronte più fascista del potere politico in Francia e minacciarono di prendere il controllo del paese e di imporre la dittatura militare al tempo in cui la Francia si ritirò dalla sua colonia Ogni volta che “la frontiera pionieristica” è più attiva, altrettanto lo è lo sviluppo del potere repressivo assassino. Gli Stati Uniti hanno messo a libro paga mercenari e società sionisti per rafforzare la propria sicurezza nazionale. La Elbit Systems—la compagnia israeliana che ha progettato e costruito il muro allo scopo di far morire di fame le comunità palestinesi—ha ottenuto l’appalto dagli USA per la costruzione del muro alla frontiera con il Messico e per lo sviluppo dei sistemi di sicurezza delle linee aeree. La Instictive Shooting International—ora rinominata Security Systems International—ha fornito mercenari israeliani per la “sicurezza” a New Orleans a seguito del disastro Latrina, e oggi organizza regolarmente, in Israele, l’addestramento della polizia e della Guardia Nazionale americane. La repressione è oggi l’industria internazionale più importante di Israele—tutto ciò che in realtà deve esportare. Il fallimento ad opporsi al sionismo come ideologia e come potere materiale è un fallimento ad opporsi ad un fronte di potere repressivo e razzista all’interno della nostra società. Questa è stata una delle principali pecche nell’organizzazione di movimenti per la giustizia sociale, l’antirazzismo e il pacifismo. Per prendere l’esempio più lampante, la forza del sionismo all’interno dei sindacati è stato un fattore determinante per la loro trasformazione in istituzioni filo-imperialiste.
Solidarietà
I greci hanno capito che la solidarietà significa riconoscere i punti nevralgici in cui la lotta può diventare effettiva. Gli Stati Uniti sono il fulcro del sistema del genocidio e della repressione globale. L’apparato concreto qui si trova in ogni città principale e, in tutto il paese, anche in alcune più piccole: fabbriche di munizioni, basi militari, centri d’addestramento. In pratica, ogni importante università ha i propri centri di ricerca per sviluppare gli strumenti dell’omicidio di massa, e i propri istituti accademici per teorizzare strategie di potere repressivo. Ma questa ampiezza rappresenta anche la loro debolezza. La strategia principale della sicurezza è la depoliticizzazione: semplicemente, non c’è modo per difendere così tanti centri di violenza da un movimento che intende seriamente ostacolarli. I greci hanno dato un piccolo esempio di come un movimento simile dovrebbe essere. Fermiamo il flusso delle armi alla fonte.

Originale: Palestine Think TankArticolo originale pubblicato il 20/1/2009L’autoreDiego Traversa e Mary Rizzo sono membri di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=6912&lg=it

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mercoledì 21 gennaio 2009

sighit..., La guerra israeliana è finanziata dall’Arabia saudita

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L’Egitto, l’Arabia Saudita e 10.000 paramilitari arabi con Israele
È il punto nuovo nel Vicino-Oriente. Per la prima volta una guerra israeliana non è finanziata dagli Stati Uniti, ma dall’Arabia Saudita. Riad paga per schiacciare il principale movimento politico sunnita che non controlla, Hamas. La dinastia del Saud, sa che deve distruggere ogni alternativa sunnita nel Vicino-Oriente per mantenersi al potere, è per questo che ha fatto la scelta del sionismo musulmano. L’Egitto, quanto ad esso, teme un’estensione, attraverso i fratelli musulmani, delle sommosse sociali. La strategia militare resta tuttavia statunitense, come in occasione della guerra del 2006 contro il Libano.

I bombardamenti non sono concepiti per eliminare i combattenti, cosa che ho indicato sopra, non ha senso in ambiente urbano, ma deve paralizzare la società palestinese nell’insieme. È l’applicazione della teoria dei cinque cerchi di John A. Warden III.

In definitiva, sempre secondo Haaretz, Ehud Olmert, Ehud Barack e Tzipi Livni hanno deciso la guerra il 18 dicembre, cioè alla vigilia della scadenza della tregua. Il National Information Directorate ha organizzato una simulazione, il 22 dicembre, per preparare le menzogne che servivano a giustificare il massacro.

L’operazione è cominciata il 27 dicembre in modo da evitare che il papato possa immischiarsi. Benedetto XVI°, tuttavia, ha evocato nel suo messaggio di Natale “un orizzonte che sembra ridiventare scuro per gli Israeliani ed i palestinesi”.

Ritorniamo al teatro dell’operazione.

L’aviazione israeliana ha preparato il terreno per una penetrazione terrestre, che apre la via ai paramilitari Arabi. Secondo le nostre informazioni, circa 10.000 uomini sono attualmente ammassati presso Rafah. Esercitatisi in Egitto ed in Giordania, sono agli ordini dell’ex-consulente nazionale della sicurezza di Mahmoud Abbas, il generale Mohammed Dahlan (l’uomo che organizzò l’avvelenamento di Yasser Arafat per conto degli Israeliani, secondo documenti resi pubblici due anni fa). Sono destinati a svolgere il ruolo che era stato attribuito alla milizia di Elie Hobeika, a Beyrouth, quando le truppe di Ariel Sharon circondarono i campi profughi di Sabra e Chatila.

Tuttavia, la troika sionista esita a lanciare i suoi “cani da guerra” finché la situazione militare all’interno della striscia di Gaza resta dubbia. Da due anni numerosi resistenti palestinesi sono stati formati alle tecniche della guerriglia da Hezbollah. Benché siano, in teoria, sprovvisti delle armi necessarie a questo tipo di combattimento, si ignora quali siano la loro esatta forza. Una sconfitta sul campo sarebbe una catastrofe politica per Israele, dopo la sconfitta del suo esercito in Libano, nel 2006, e dei suoi istruttori in Georgia, nel 2008. È sempre possibile ritirare rapidamente i propri blindati da Gaza, ma non sarà lo stesso ritirare i paramilitari Arabi.

L’Unione europea ha fatto appello per una tregua umanitaria. Israele ha risposto che ciò non era necessario, poiché non ci sono altre crisi umanitarie dall’inizio dei bombardamenti. Per prova della sua buona fede, presumibilmente, “lo Stato ebreo” ha lasciato entrare alcune centinaia di autocarri con aiuti alimentari e medici… per i 1400000 abitanti.

In ogni guerra che Israele ha condotto in violazione del diritto internazionale, un palcoscenico diplomatico è stata organizzato per permettergli di guadagnare tempo, mentre gli Stati Uniti bloccavano ogni risoluzione del Consiglio di sicurezza. Nel 2006 furono Romano Prodi e la conferenza di Roma. Questa volta è il presidente francese, Nicolas Sarkozy, che produce l’intrattenimento. Ha annunciato che dedicherebbe due giorni del suo tempo prezioso, per regolare un problema dove gli altri falliscono da 60 anni.

Non lasciando affatto dubbi sulla sua parzialità, il sig. Sarkozy ha inizialmente ricevuto all’Eliseo il ministro israeliano degli affari esteri, Tzipi Livni e il capo sunnita saudo-libanese Saad Hariri, ed ha avuto un colloquio telefonico con il presidente Egiziano Hosni Moubarak, il presidente marionetta dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas ed il primo ministro Israeliano Ehud Olmert.

Thierry Meyssan

Giornalista e scrittore, presidente del Réseau Voltaire.


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Traduzione di Alessandro Lattanzio


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[1] La densità di popolazione era calcolata, dall’ONU, nel 2005 a 3823 abitanti per km2. Sarebbe aumentata da 12 al 16 per mille.

[2] “Disinformation, secrecy and lies : How the Gaza offensive came about”, di Barak Ravid, Haaretz 31 dicembre 2008.
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sighit.. La guerra israeliana è finanziata dall’Arabia saudita

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L’offuscamento della nuova amministrazione USA Resta il fatto che questa operazione si volge durante il periodo transitorio della presidenza statunitense. Dal settembre 2008, gli osservatori attenti prevedevano che Barack Obama sarebbe andato alla Casa Bianca grazie al sostegno di una coalizione eteroclita che comprende il complesso eco-finanziario, il movimento sionista, i generali in rivolta ed i partigiani della Commissione Baker-Hamilton. Da parte mia, avevo annunciato questo risultato fin dal mese di maggio. Ma questa coalizione non ha posizioni definite sul Vicino-Oriente. I generali in rivolta ed i partigiani della Commissione Baker-Hamilton pensano assieme al loro mentore, il generale Brent Scowcroft, che gli Stati Uniti hanno sovraesteso i loro eserciti, e devono imperativamente limitare i loro obiettivi e ricostituire le loro forze. Si sono opposti ad una guerra contro l’Iran, ed al contrario hanno affermato la necessità di ottenere l’aiuto di Teheran per evitare la rovina in Iraq. Deplorano i tentativi di rimodellamento del grande Medio Oriente (cioè della modifica delle frontiere) e chiedono un periodo di stabilità. Alcuni di loro giungono perfino a raccomandare di fare passare la Siria e l’Iran nel campo atlantico forzando Israele a restituire il Golan e a risolvere parzialmente la questione palestinese. Propongono di ricompensare gli stati che naturalizzeranno i palestinesi e d’investire in maniera massiccia nei territori per renderli economicamente autosufficienti. Questa prospettiva significa la fine del sogno d’espansione sionista, tanto quanto la fine di alcuni regimi arabi sostenuti, fino a oggi, da Washington. Da parte loro, i sionisti statunitensi che hanno lanciato in politica Barack Obama, soltanto dodici anni fa, ai quali si sono aggiunti i Clinton, da quando Hilary s’è convertita al sionismo cristiano ed ha aderito alla Fellowhip Foundation, sostengono la prosecuzione del progetto di segregazione. Sulla la scia della lettera di George W. Bush ad Ariel Sharon e della conferenza di Annapolis, vogliono completare la trasformazione dei territori in bantustan. Uno o due stati palestinesi sarebbero riconosciuti dagli Stati Uniti ed i loro alleati, ma questo, o questi, stati non sarebbero sovrani. Sarebbero privi di eserciti, la loro politica estera e le loro finanze resterebbero sotto controllo israeliano. Se si riuscisse a sradicare la resistenza, alla fine si confonderebbero nel paesaggio, come le riserve indiane negli Stati Uniti. Preoccupati per il loro futuro comune, delegazioni egiziane, israeliane e saudite si sono riunite in Egitto in settembre ed ottobre 2008. Secondo una fonte della resistenza, al termine di questi negoziati, si è deciso che in caso di un’evoluzione sfavorevole di Washington, Israele lancerebbe una vasta operazione militare a Gaza, finanziata dall’Arabia Saudita, mentre l’Egitto farebbe entrare dei paramilitari a Gaza. Se parecchie volte, in passato, i governi arabi hanno lasciato campo libero ad Israele, è la prima volta che partecipano alla pianificazione di una guerra israeliana, costituendo così un asse sionista-musulmano. Informata in tempo reale dal capo di gabinetto Rahm Emanuel (doppio nazionalità Israeliana-USA ed ufficiale dell’intelligence militare israeliana) delle rapporti di forza nell’ambito del gruppo Obama, la troika Israele-Egitto-Arabia saudita ha avuto la notizia della ripartizione delle funzioni. I posti importanti al segretariato di Stato saranno affidati a protetti di Madeleine Albright e di Hillary Clinton. I due segretari di Stato aggiunti, James Steinberg e Jacob Lew sono sionisti convinti. Il primo è stato uno dei redattori del discorso di Obama presso l’AIPAC. Il Consiglio nazionale di sicurezza è in mano agli atlantisti, preoccupati che le provocazioni israeliane sfocino nell’interruzione dell’approvvigionamento energetico dell’occidente: il Generale Jones e Tom Donilon. Jones che era incaricato di seguire la conferenza di Annapolis, ha più volte espresso la sua irritazione di fronte alla mossa israeliana. Il segretariato alla difesa resta nelle mani di Robert Gates, un ex-assistente di Scowcroft ed un membro della Commissione Baker-Hamilton. Si prepara a dare il benservito ai collaboratori che ha ereditato da Donald Rusmfeld e che non aveva potuto trasferire prima, come ha già fatto con due maniaci anti-iraniani, il segretario all’aviazione militare Michael Wynne ed il suo capo di stato maggiore, il Generale T. Michael Moseley. Inoltre, Gates è riuscito ad imporre il suo amico Léon Panetta, già membro della Commissione Baker-Hamilton, alla testa della CIA. Riassumendo, la troika può sempre contare sull’appoggio diplomatico degli Stati Uniti, ma di più sul suo massiccio aiuto militare.
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sighit La guerra israeliana è finanziata dall’Arabia saudita

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Le autorità israeliane affermano agire per legittima difesa. Secondo esse, diversi lanci di razzi contro lo Stato ebreo hanno provocato la rottura unilaterale della tregua da parte di Hamas, il 19 dicembre 2008. Ma Hamas non ha rotto la tregua. Una tregua di sei mesi era stata conclusa tra Israele ed Hamas tramite l’Egitto, Israele si era impegnato ad interrompere il blocco della striscia di Gaza; l’Egitto si era impegnato a riaprire il punto di passaggio di Rafah, ed Hamas si era impegnato a fermare i tiri dei razzi contro Israele.

Tuttavia, Israele e l’Egitto non hanno mai adempiuto ai loro impegni. Hamas interruppe i tiri dei razzi per dei mesi. Li riprese a novembre, in seguito a una mortale incursione israeliana.

Traendo il bilancio della duplicità dei suoi interlocutori, Hamas ha giudicato inutile rinnovare un accordo a senso unico. I lanci dei razzi contro Israele hanno avuto luogo dal 2001. Circa 2500 tiri sono stati registrati in 7 anni. Hanno ucciso un totale di 14 Israeliani fino al lancio dell’offensiva. Non hanno fatto alcuna vittima tra la fine della tregua e l’ultimo attacco israeliano. Ma la nozione di difesa legittima suppone una proporzionalità dei mezzi, ma non è così ovviamente.

Tsahal ha impiegato una sessantina di bombardieri ed almeno 20000 uomini super-equipaggiati di fronte a resistenti armati di razzi rudimentali e di adolescenti forniti di pietre. È impossibile oggi calcolare i danni materiali ed umani. Al decimo giorno di bombardamenti, gli ospedali ed i servizi d’emergenza hanno contato 530 morti. Questa cifra non tiene conto delle vittime morte prima dell’arrivo degli aiuti, i cui corpi vengono recuperati direttamente dalle famiglie, senza informare i servizi sanitari. I feriti si contano a migliaia. In mancanza di medicine, non potranno ricevere le cure necessarie e saranno, per la maggior parte, menomati a vita. Le distruzioni materiali, quanto ad esse, sono considerevoli.

L’operazione è stata lanciata nel corso della festa di Hanoukka, giorno dello shabbat. È stata nominata “piombo fuso” seguendo una canzone di Haïm Nahman Bialik che si intona durante gli otto giorni di Hanoukka. In tal modo, Israele, che si considera “lo Stato ebraico”, connota questa operazione come causa nazionale e religiosa. Hanoukka commemora il miracolo dell’olio: per rendere grazie a dio, gli ebrei che avevano respinto i greci, accesero una lampada ad olio nel tempio senza prendere il tempo di purificarsi; ma mentre la lampada conteneva olio soltanto per un giorno, bruciò per otto giorni.

Legando l’operazione militare attuale al miracolo dell’olio, le autorità israeliane dicono alla loro popolazione che non è atto impuro uccidere i Palestinesi.

La guerra israeliana ha suscitato proteste in tutto il mondo. Le manifestazioni più importanti hanno avuto luogo in Turchia, dove hanno raccolto 700.000 persone. Il National Information Directorate, nuovo organo di propaganda collegato ai servizi del primo ministro, ha allora chiamato i diversi capi israeliani a sviluppare un’altra argomentazione. L’operazione “piombo fuso” sarebbe una battaglia “della guerra mondiale al terrorismo”, dichiarata dagli Stati Uniti e sostenuta dal mondo occidentale.

Infatti Hamas è considerata un’organizzazione terroristica da parte degli Stati Uniti, anche se formalmente non lo è per l’Unione europea. Il governo israeliano tenta di rilanciare la tematica “dello scontro delle civiltà”, cara all’amministrazione Bush, mentre l’amministrazione Obama, che entrerà in funzione il 20 gennaio, ha chiaramente annunciato che l’abbandonerebbe.

Questa gaffe retorica lascia prevedere le motivazioni reali dell’operazione. Queste sono tempo da ricercare allo stesso nella natura del confronto e nella particolarità dell’attuale operazione. La logica del movimento sionista è di adattarsi questa terra ripulendola etnicamente o, in caso contrario, di imporre un sistema di segregazione. I palestinesi sono allora parcheggiati in riserve, sul modello dei bantustan sudafricani; come la Cisgiordania da un lato, la striscia di Gaza dall’altro.

Ogni 5/10 anni, un’importante operazione militare deve essere spiegata per rompere le velleità di resistenza di questa popolazione. Da questo punto di vista l’operazione “piombo fuso” è soltanto un massacro in più, perpetrato da uno Stato che usufruisce dell’immunità totale da sessant’anni. Come ha rivelato Haaretz, il ministro della difesa Ehud Barack ha accettato la tregua di sei mesi soltanto per spingere i combattenti di Hamas ad uscire dall’ombra. Ha messo a profitto questo periodo per studiarli, allo scopo di distruggerli appena se ne fosse presentata l’occasione [2].
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martedì 20 gennaio 2009

sighit la prossima guerra di Israele...

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La polveriera mediorientale: uno scenario da terza guerra mondiale?
Nel 2006, quando Israele attaccò il Libano, la guerra fu presentata all'opinione pubblica internazionale come un conflitto tra Israele e l'Hezbollah. Essenzialmente la guerra del 2006 era un attacco israeliano contro tutto il Libano. Il governo di Beirut non riuscì a prendere posizione, dichiarò la propria “neutralità” e l'esercito libanese ricevette l'istruzione di non intervenire contro gli invasori israeliani. Ciò era dovuto al fatto che i partiti politici dell'Alleanza del 14 Marzo guidata da Hariri che dominava il governo libanese si aspettavano che la guerra finisse presto, che l'Hezbollah (loro avversario politico) fosse sconfitto e che gli fosse precluso qualsiasi ruolo significativo sulla scena politica libanese. È successo l'esatto contrario.

Inoltre, se il governo libanese avesse dichiarato guerra a Israele in risposta all'aggressione israeliana, la Siria sarebbe stata costretta da un trattato bilaterale libanese-siriano firmato nel 1991 a intervenire a fianco del Libano.

Nel caso di una futura guerra israeliana contro il Libano, assume importanza cruciale la struttura delle alleanze militari. La Siria potrebbe di fatto intervenire a fianco del Libano. Se la Siria entrasse nel conflitto, Damasco chiederebbe il sostegno di Teheran in base a un accordo bilaterale di cooperazione militare con l'Iran.

Si verificherebbe dunque un'escalation potenzialmente incontrollabile.

Se l'Iran dovesse intervenire a fianco di Libano e Siria in una guerra difensiva contro Israele, interverrebbero anche gli Stati Uniti e la NATO trascinandoci in una guerra più vasta.

L'Iran e la Siria hanno entrambi accordi di cooperazione militare con la Russia. L'Iran ha anche accordi bilaterali di cooperazione militare con la Cina. L'Iran fa inoltre parte della Shanghai Cooperation Organization (SCO, Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione, o Gruppo di Shanghai). Gli alleati dell'Iran, che comprendono la Russia, la Cina, gli stati membri della Collective Security Treaty Organization (CSTO, Organizzazione del Trattato per la Sicurezza Collettiva) e della Shanghai Cooperation Organization (SCO) potrebbero essere tutti coinvolti nel conflitto allargato.

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Integrare l'Hezbollah nelle Forze Armate libanesi Anche Michel Aoun, leader del Libero Movimento Patriottico e del Blocco parlamentare per la Riforma e il Cambiamento, si è recato in visita a Teheran (12-16 ottobre 2008; prima della visita ufficiale di Michel Suleiman), e in seguito a Damasco (3-7 dicembre 2008). [17]

Michel Aoun, che è un figura centrale nel “consenso politico”, ha avallato e ribadito la sua alleanza politica con l'Hezbollah. Pur sollecitando il disarmo pacifico dell'Hezbollah nell'ambito della strategia di difesa libanese, Aoun ha accettato il fatto che i combattenti Hezbollah si integreranno nell'esercito libanese. Il processo di disarmo avverrà solo al momento giusto e quando Israele non rappresenterà più una minaccia per il Libano. L'Hezbollah ha ampiamente acconsentito a disarmarsi, se e quando non esisterà una minaccia israeliana alla sicurezza del paese. Questa posizione sulle armi dell'Hezbollah è specificata nella clausola 10 (La Protezione del Libano) del memorandum di intesa con l'Hezbollah del 6 febbraio 2006 che Michel Aoun ha firmato a nome del suo partito politico, il Libero Movimento Patriottico. Rientrato da Teheran, Aoun ha anche presentato le sue argomentazioni a favore della formazione di una nuova strategia di difesa libanese e ha annunciato che l'esito del suo viaggio in Iran si sarebbe concretizzato nel giro di circa sei mesi. Aoun ha detto anche che l'Iran, in quanto “grande potenza regionale tra il Libano e la Cina”, assume un'importanza strategica per gli interessi libanesi. [18]

Gli amici politici di Washington in Libano sono allarmati dalla direzione che sta prendendo il paese grazie alla nuova strategia di difesa. Hanno criticato gli acquisti di armi dall'Iran e la cooperazione difensiva con la Siria. Hanno anche attaccato il viaggio in Siria del Generale Jean Qahwaji su incarico unanime del governo libanese. [19]

Inoltre, queste forze libanesi pro-Stati Uniti premono per una “politica di difesa neutrale” “alla svizzera”. Una simile posizione di “neutralità” sarebbe vantaggiosa per gli Stati Uniti e Israele da un punto di vista geopolitico e strategico. Inutile dire che con l'incombente minaccia di un'aggressione militare israeliana questa posizione si sta dimostrando alquanto popolare in Libano. Porre fine alle pressioni israelo-americane su Beirut per naturalizzare i rifugiati palestinesi La formazione di una nuova e attiva dottrina della difesa implica che i combattenti dell'Hezbollah verranno incorporati nelle Forze Armate libanesi e che le attuali forze paramilitari dell'Hezbollah saranno sciolte quando si realizzeranno determinate condizioni. Dunque si risolverebbe così una cruciale questione politica del Libano. Con l'integrazione dei combattenti Hezbollah nell'esercito del paese e con l'assistenza militare della Russia e dell'Iran il Libano acquisirebbe capacità difensive che gli permetterebbero di affrontare la minaccia dell'aggressione militare israeliana. Questi sviluppi, contrari al tipico schema di regimi mediorientali clienti degli Stati Uniti modellati sull'esempio dell'Egitto e dell'Arabia Saudita, hanno allarmato Tel Aviv, Washington e Londra. A seguito del ravvicinamento del Libano alla Russia e all'Iran, due alti funzionari del Dipartimento di Stato americano sono stati mandati in tutta fretta a Beirut nel mese di dicembre. [20]

Durante la loro missione, Dell Lee Dailey e David Hale, rispettivamente Coordinatore dell'Ufficio Contro-Terrorismo del Dipartimento di Stato e vice Segretario di Stato aggiunto per gli affari mediorientali, hanno rinnovato le velate minacce di un attacco israeliano contro il Libano attribuendone la responsabilità all'Hezbollah. [21]
Queste minacce sono dirette a tutto il Libano. Servono a impedire l'attuazione della sua nuova dottrina della difesa. Il tempo è agli sgoccioli per i tentativi di Israele, gli Stati Uniti e la NATO di ostacolare l'attuazione della nuova strategia di difesa nazionale di Beirut. Israele non avrebbe più pretesti per lanciare nuove incursioni militari nel Libano se l'Hezbollah dovesse diventare un partito politico a tutti gli effetti in base alla nuova strategia di difesa libanese. Inoltre, se Beirut fosse in grado, grazie a un nuovo accordo per la difesa, di proteggere i suoi confini dalle minacce militari, questo non solo porrebbe fine alle ambizioni di Tel Aviv di dominare politicamente ed economicamente il Libano, ma farebbe anche cessare le pressioni israeliane sul Libano per naturalizzare i rifugiati di guerra palestinesi che attendono di fare ritorno alle loro terre ancestrali occupate da Israele. Chiaramente la questione della naturalizzazione dei palestinesi in Libano è anche legata al processo di creazione del consenso politico interno e alla nuova strategia di difesa, ed è stata discussa da Michel Suleiman con le autorità iraniane a Teheran. [22]

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Guerra lampo in preparazione Tel Aviv ha progettato una guerra lampo su vasta scala contro tutto il Libano che comprende anche un'invasione di terra immediata. [7]

Poco prima dell'inizio del massacro nella Striscia di Gaza, le autorità civili e militari israeliane avevano promesso che nessun villaggio libanese sarebbe rimasto immune dalla furia dei bombardamenti aerei israeliani a prescindere dalla religione, la setta e/o l'orientamento politico[8]

In sostanza, Tel Aviv ha promesso di distruggere completamente il Libano. Israele ha anche confermato che in una guerra futura contro il Libano prenderà di mira l'intero paese e non il solo Hezbollah, cosa che in pratica era già successa negli attacchi aerei israeliani del 2006. [9]

Il Jerusalem Post cita le parole del Generale di Brigata Michael Ben-Baruch, uno degli addetti alla supervisione delle esercitazioni militari: “Nell'ultima guerra abbiamo sparato per smantellare l'attività dell'Hezbollah” e “La prossima volta spareremo per distruggere”. [10]

Dopo la sconfitta di Israele nel 2006, il governo israeliano ammise che il suo “grande errore” era stato quello che contenersi invece di attaccare il Libano con tutta la forza del suo esercito. Le autorità israeliane hanno dichiarato che nell'eventualità di una futura guerra contro i libanesi saranno prese di mira tutte le infrastrutture civili e statali. La nuova dottrina della difesa di Beirut: una minaccia per gli interessi e gli obiettivi israeliani per il controllo del Libano Perché il Libano è nuovamente nel mirino? La risposta è geopolitica e strategica. È anche legata a questioni di consenso politico e alle elezioni generali del 2009 in Libano. In seguito alla formazione di un governo di unità nazionale a Beirut sotto un nuovo presidente, Michel Suleiman (Sleiman), è stata concepita una nuova dottrina della difesa per il paese. L'obiettivo di questa dottrina è tenere a bada Israele e portare la sicurezza e la stabilità politica nel paese. Al dialogo per una “Strategia di Difesa Nazionale” tenutosi tra i 14 firmatari libanesi dell'Accordo di Doha, tutte le parti hanno concordato sul fatto che Israele rappresenta una minaccia per il Libano. Nei mesi precedenti alla campagna militare israeliana contro Gaza, Beirut ha intrapreso importanti passi diplomatici e politici. Il Presidente Michel Suleiman, accompagnato da vari ministri, ha visitato Damasco (la sua prima visita di stato bilaterale, 13-14 agosto 2008) e Teheran (24-25 novembre 2008). Anche il Generale Jean Qahwaji (Kahwaji), il comandante delle Forze Armate libanesi, è sato a Damasco (29 novembre 2008) per consultazioni con la sua controparte siriana, il Generale Al-Habib. Durante la visita a Damasco il Generale Qahwaji ha anche incontrato il Generale Hassan Tourkmani, il ministro della difesa della Siria e il Presidente siriano. [11]

Il suo viaggio seguiva la visita in Siria del ministro degli interni libanese, Ziad Baroud, e rientrava nello stesso ambito. [12] Nel frattempo il ministro della difesa del Libano, Elias Murr, si è recato in visita ufficiale a Mosca (16 dicembre 2008). Ciò che ha cominciato a emergere da questi colloqui è che sia Mosca che Teheran avrebbero fornito armi alle Forze Armate libanesi, che precedentemente erano equipaggiate con materiale militare di fascia bassa di fabbricazione statunitense. Gli Stati Uniti hanno sempre proibito all'esercito libanese di procurarsi armi pesanti in grado di sfidare la forza militare israeliana. Si è anche saputo che la Russia avrebbe donato a Beirut 10 caccia MiG-29 in linea con la nuova strategia di difesa del Libano. [13]

L'impiego dei MiG-29 russi comporta anche l'installazione di sistemi radar e di rilevamento a distanza. Il Libano è inoltre interessato a carri armati, razzi anticarro, veicoli corazzati ed elicotteri militari russi. [14]
L'Iran ha proposto di fornire all'esercito libanese missili a medio raggio nel quadro di un accordo quinquennale di difesa tra l'Iran e il Libano. [15]
Durante la sua visita in Iran, Michel Suleiman ha incontrato i funzionari della difesa iraniani ed è andato a una fiera dell'industria della difesa iraniana. Se i colloqui con Mosca e Teheran servivano ad armare l'esercito libanese, i colloqui con i siriani erano volti a stabilire e consolidare un quadro comune di difesa e sicurezza diretto contro un'aggressione israeliana. [16]

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lunedì 19 gennaio 2009

sighit Vivere con i giorni contati in una terra rubata

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Il significato di tutto ciò è molto semplice. Gli israeliani non conoscono la causa palestinese. Dunque non possono che interpretare la lotta palestinese come una follia irrazionale e omicida. Nell'universo solipsistico giudeocentrico l'israeliano è una vittima innocente e il palestinese non è altro che un selvaggio assassino.

Questa grave situazione che impedisce all'israeliano di conoscere il suo passato distrugge la possibilità di una futura riconciliazione. Poiché l'israeliano è privo della minima comprensione del conflitto, non riesce a contemplare una soluzione che non comporti lo sterminio o l'epurazione del “nemico”. Tutto ciò che gli è dato di sapere è costituito dai fantasmatici resoconti della sofferenza ebraica. Il dolore palestinese gli è completamente estraneo. Il “diritto al ritorno” dei palestinesi suona alle sue orecchie come un'idea ridicola. Neanche gli “umanisti israeliani” più progressisti sono pronti a spartire la terra con i suoi abitanti autoctoni. Ciò non lascia ai palestinesi altra scelta che quella di liberarsi da soli a tutti i costi. È evidente che sul lato israeliano non c'è un interlocutore che sia disposto a dialogare per la pace.
I generali dell'Esercito israeliano lo sanno, i leader israeliani lo sanno. Ecco perché hanno trasformato la guerra contro i palestinesi in uno sterminio. Gli israeliani non intendono invadere Gaza. Laggiù non hanno perso niente. Vogliono solo porre fine alla Nakba. Sganciano bombe sui palestinesi per spazzarli via. Vogliono cancellare i palestinesi dalla regione. È ovvio che non funzionerà, i palestinesi resteranno. E non solo resteranno, ma il giorno del ritorno alla loro terra si avvicina quanto più gli israeliani mettono in pratica le loro tattiche letali.

Ed è esattamente qui che entra in gioco l'escapismo israeliano. Israele ha superato il “punto di non ritorno”. Il suo destino è profondamente impresso in ogni bomba sganciata sui civili palestinesi. Israele non può fare niente per salvarsi. Non c'è una strategia d'uscita. Non può ricorrere al negoziato perché né gli israeliani né la loro dirigenza comprendono le coordinate fondamentali del conflitto. Israele non ha il potere militare necessario a concludere la battaglia. Può riuscire a uccidere i dirigenti palestinesi, lo ha fatto per anni, ma la resistenza e la persistenza palestinese si stanno rafforzando, non indebolendo. Come predisse un generale dei servizi segreti militari israeliani già all'epoca della prima Intifada, “Per vincere i palestinesi devono semplicemente sopravvivere”. Stanno sopravvivendo, e stanno vincendo.

La dirigenza israeliana lo sa. Israele ha già tentato di tutto: ritiro unilaterale, assedio con privazione del cibo e adesso sterminio. Pensava di sfuggire al pericolo demografico riducendosi a un piccolo familiare ghetto ebraico. Niente ha funzionato. È la persistenza palestinese in forma di politica dell'Hamas a definire il futuro della regione.

Agli israeliani non resta che aggrapparsi alla cecità e all'escapismo per ignorare un destino infausto che è già diventato immanente. Nella loro caduta gli israeliani intoneranno i soliti inni vittimisti. Essendo imbevuti di una visione della realtà egocentrica e suprematista, si concentreranno completamente sul proprio dolore restando insensibili a quello che infliggono agli altri. Quando sganciano le loro bombe gli israeliani agiscono come un collettivo compatto formato da un solo uomo, ma non appena subiscono il minimo danno riescono a trasformarsi in monadi di vulnerabile innocenza. È questa discrepanza tra l'immagine che hanno di sé e il modo in cui noi li vediamo che trasforma l'israeliano in un mostruoso sterminatore. È questa discrepanza che impedisce agli israeliani di conoscere la loro storia, è questa discrepanza che impedisce loro di capire i molti ripetuti tentativi di distruggere il loro Stato. È questa discrepanza che impedisce agli israeliani di comprendere il significato della Shoah per evitare che si ripeta. È questa discrepanza che impedisce agli israeliani di far parte dell'umanità.

Ancora una volta gli ebrei si troveranno a errare verso un destino sconosciuto. In un certo senso, io stesso ho da tempo iniziato il mio viaggio.

Nota

[1] Legge del ritorno per soli ebrei: Law of Return 5710-1950. Si veda anche: Israel's "Right of Return" for Jews only but no Right of Return for Palestinians.

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Originale: Living on Borrowed Time in a Stolen Land

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sabato 17 gennaio 2009

sighit genocidio deliberato

Ma quelli che stanno commettendo sotto i nostri occhi sono crimini enormi, vergognosi, violano norme internazionali sottoscritte, configurano un rifiuto della civiltà, esprimono una malvagità intollerabile; e la prima urgente carità – nel loro interesse - è esigere che rispondano di questi crimini, che vengano processati e puniti.

Se a commettere queste atrocità fossero la Svezia o la Spagna, non staremmo qui a sottilizzare, a sentirci obiettare che «Hamas tira i razzi» e cose del genere; tutto il mondo occidentale pretenderebbe l’apertura di un tribunale speciale;......

Con la Serbia di Milosevic, l’abbiamo fatto..................e nessuna Annunziata ci vieterebbe di dire che la loro azione è «sproporzionata». L’Italia è stata accusata in Europa per supposte discriminazioni contro gli zingari, figuriamoci.

....................

Ora, proprio questi «riguardi» sono quelli che incoraggiano questi malati armati - cattivi perchè malati e malati perchè cattivi - ad insistere nelle loro atrocità; sono certi dell’impunità perciò continuano, e ci intimano persino di tacere, di non protestare, altrimenti siamo «antisemiti», altrimenti «non siamo cattolici» perchè «gli ebrei devono essere amati», e magari «Gesù era ebreo».

Così, mentre noi usiamo riguardi, altri bambini muoiono, altri sono terrorizzati per sempre, altri feriti non possono essere portati in ospedale, altri restano senza cibo, senza cure, senza acqua e senza genitori.

Dunque, coi nostri riguardi, noi siamo complici di stermini e atrocità genocide; partecipiamo alla menzogna omicida, contribuiamo a intorbidare la verità – che è lo stesso che la giustizia.

Se tutta la comunità internazionale avesse minacciato un tribunale internazionale, non continuerebbero a «uccidere, uccidere e uccidere».

Dunque, basta parole, ne ho la nausea. Trattiamoli come tratteremmo gli svedesi, come abbiamo trattato i serbi o i sudafricani: e coloro che li giustificano, siano il rabbino Di Segni o Pacifici o Fini o Napolitano, trattiamoli, senza riguardi, da quel che sono: complici dei delitti contro l’umanità che avvengono oggi, qui, sotto i nostri occhi.

Non vediamo che già ci hanno deformato?

Buoni cattolici, nella chiacchiera che segue ai nostri articoli, badano a ricordarci che «Islam e cristianesimo sono antitetici»; ma qui, perdio, si tratta di centinaia di bambini che vengono volontariamente mutilati e bruciati da bombe atroci, di medici che vengono bersagliati mentre corrono a soccorrere i feriti, in modo deliberato; di civili che vengono sottoposti alla più spietata punizione collettiva, e ciò da anni.

Si tratta di atti bestiali, contrari alla civiltà, che lasciamo avvenire sotto i nostri occhi chiedendoci, in un talk show, se sono «proporzionati».

I cavalieri di Malta, combattenti in Malta assediata, curavano anche i feriti turchi e saraceni. Questo «era» il cristianesimo, questa l’Europa; ce lo siamo dimenticato?

.............

Chiediamoci, noi «veri» cattolici, magari «tradizionalisti», noi sicuri di avere la «vera» fede, che cosa grideremmo: Dio, lo accuseremmo, lo bestemmieremmo, gli urleremmo in faccia: «Anche Tu mi hai abbandonato!».

E non ci verrebbe in mente di dire che i nostri figli uccisi «hanno avuto il martirio»; ci domanderemmo il perchè, di omicidi senza ragione e senza senso; odieremmo, ma il «martirio» no, è cosa antica, di antichi cristiani, non di noi.

Ebbene, oggi i martiri sono lì; il circo è pieno di cadaveri lacerati, nel loro sangue, per divertire il popolo eletto e placare le sue angosce di colpa; e i sopravvissuti invocano Dio: «Solo Tu mi sei rimasto!».

Questa si chiama fede, signori.

Abbiate paura, «cristiani» che vivete nella paura dei musulmani, perchè – un tempo lo sapevamo – è questa fede che vince, mentre voi e noi, complici, svaniremo per non aver saputo difendere, con la giustizia e la verità, la nostra stessa civiltà

imprentau dae: Maurizio Blondet
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sighit lettera aperta a Renato Soru......

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E arrivo così al tema del lavoro. Negli ultimi decenni la Sardegna ha vissuto/subito la presenza dell’industria chimica. Tutti l’hanno voluta nell’illusione che comportasse il superamento dell’arretratezza e la crescita dell’occupazione. Non è andata così. Oggi resistono, continuamente minacciate, le ultime roccaforti del petrolchimico; offrono lavoro a migliaia di lavoratori che subiscono continui ricatti. Giustamente si fa di tutto per difendere l’occupazione residua ma si ha al tempo stesso la consapevolezza che questo settore interromperà l’attività produttiva fra non molto. Ecco, ciò che ancora manca nelle politiche del lavoro è la determinazione di destinare le risorse finanziarie della Regione alla crescita dell’occupazione secondo criteri che assicurino l’innovazione e la valorizzazione delle risorse locali, compresi il paesaggio e i beni culturali. Si parla ancora poco di riconversione ecologica dell’economia e si sottovaluta come la tutela ambientale possa e debba essere un obiettivo teso a modificare modi di produrre e a riorganizzare la vita sociale delle persone.Eppure la crisi economica che sta coinvolgendo il nostro pianeta non si supera senza un radicale cambiamento delle nostre abitudini. Presidente, Lei a volte dà l’impressione di essere più interessato alle grandi opere e di sottovalutare gli interventi minori che però possono garantire una maggiore diffusione delle attività produttive e un radicamento nel territorio. Questi due aspetti del sostegno pubblico all’economia vanno bene se sono complementari, diventano dannosi se squilibrati.Ecco, sarebbe importante che su tutti questi temi Lei operasse dei miglioramenti; in questo modo i tanti elettori incerti, anche a sinistra, potrebbero votare con un orientamento più chiaro e con la consapevolezza di non sprecare il voto.

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sighit lettera aperta a Renato Soru..

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Io sono un sostenitore del sistema proporzionale però ritengo che i sistemi maggioritari non siano tutti uguali e che sia possibile, anche all’interno di un sistema maggioritario, contenere l’accentramento dei poteri. La legge statutaria che è stata approvata non presenta queste caratteristiche, non è opportunamente bilanciata, riduce il ruolo non solo dell’esecutivo ma anche quello dell’Assemblea elettiva. Non credo che questo tema sia secondario, coinvolge aspetti fondamentali della democrazia, della partecipazione, della collegialità, insomma del lavoro di gruppo. E arrivo alla domanda/proposta: perché nel corso di queste settimane che ci separano dal voto non comunica agli elettori la Sua disponibilità al riesame di queste questioni? Non ritiene forse che per poter disciplinare la forma di governo della Regione, i rapporti fra i suoi Organi, i principi fondamentali di organizzazione e di funzionamento di questa istituzione, sia indispensabile predisporre un’ampia partecipazione dei cittadini sardi al dibattito e al confronto? Presidente, diversi elettori si interrogano ancora sul perché alcuni Assessori della sua Giunta siano stati sostituiti: è stato un gesto autoritario del Presidente, si chiedono, un licenziamento, o che altro? Lei invita spesso i sardi a tenere la schiena dritta. È una sollecitazione che sottende dignità e rispetto di sé e perciò Le fa onore. Ma questa caratteristica l´apprezza sempre nei suoi collaboratori? E’ diffusa l’idea, anche vicino a Lei, che preferisca l’accondiscendenza alla dialettica. Eppure l’esigenza di governabilità impone la necessità di un confronto, anche serrato se necessario, all’interno dell’esecutivo senza che il ruolo di primus inter pares del Presidente venga ridimensionato. Presidente, voglio proporLe altri due temi che ritengo importanti, riguardano il ruolo di pace che potrebbe svolgere la nostra isola e le questioni del lavoro. La Sardegna è invasa da basi militari, vengono continuamente condotte esercitazioni che devastano i nostri territori e danneggiano i nostri mari; non solo ma decine, forse centinaia di cittadini hanno subito gravi malattie a causa del materiale bellico che viene usato. Gli Stati più forti del pianeta rappresentano purtroppo il simbolo della sopraffazione e delle guerre. Eppure, appena si è parlato del G8 in Sardegna, è successo col governo Prodi, Lei ha accolto con entusiasmo questa eventualità. Questa decisione - sintetizzo con parole mie le sue affermazioni - rappresenta un riscatto per la nostra isola. Perché mai, Le chiedo io e, insieme a me, glielo chiedono tantissimi sardi? Perché dovremmo ospitare i capi di Stato dei maggiori paesi del pianeta con entusiasmo e al tempo stesso considerare questo evento un’occasione di riscatto della nostra terra? Non c’è un’incongruenza in questo atteggiamento? Presidente, teniamo la schiena dritta anche in questa circostanza e, quando verranno questi signori, diciamo loro che è ora che smettano di padroneggiare e se vogliono dialogare sul futuro del pianeta lo facciano negli Organismi internazionali universalmente riconosciuti. E rivendichiamo con loro e con il nostro governo il ritiro delle basi militari dalla nostra isola. Lei dirà che con la presenza dei G8 la Sardegna ha ricevuto dei finanziamenti con i quali sta realizzando opere pubbliche di primaria importanza. Non solo ma con questi investimenti si stanno creando anche occasioni occupative di cui abbiamo bisogno. Questa puntualizzazione è vera, ma il nostro riscatto, soprattutto quello delle fasce più deboli della popolazione, non può avvenire perpetuando una condizione di subalternità nei confronti chi detiene il potere, deve realizzarsi necessariamente attraverso una crescita politica e culturale. Ascoltiamo Vandana Shiva e lavoriamo assieme ‘per costruire sicurezza e rigenerazione basate sulla natura e su una visione condivisa verso il nostro futuro comune’.

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giovedì 15 gennaio 2009

sighit PIOGGIA DI BOMBE AL FOSFORO BIANCO

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"Tali risultati possono essere in linea con l'ipotesi che le a
armi in questione fossero delle DIME ( Dense Inert Metal Explosive), cioè degli esplosivi pieni di metallo inerte.

Il DIME è un missile racchiuso in un guscio di carbonio che all'impatto si frantuma in minuscole schegge. Il missile dispone quindi di una carica esplosiva che scaglia delle lamine cariche di energia costituite da una polvere di una lega metallica di tungsteno, ( HMTA ), nella lega ci sono componenti quali cobalto, nichel o ferro, racchiuse in un guscio di carbonio.

All'impatto, a causa della resistenza dell'aria, il materiale si trasforma rapidamente in polvere, bruciando e distruggendo qualsiasi cosa si trovi nel raggio di 4 metri, e non in quel tipo di schegge lamellari che sono prodotte dalla frammentazione di un guscio metallico.

La componente metallica è detta " inerte " in quanto non responsabile dell'esplosione, ma non perchè sia chimicamente o biologicamente inerte. In molti casi, i medici hanno riscontrato prove che i loro malati, mentre durante il primo giorno dall'esplosione apparentemente miglioravano, morivano poi improvvisamente dopo uno o due giorni.

"Non sappiamo cosa voglia dire, se si tratta di un nuovo tipo di arma o di qualcosa aggiunto ad un'arma già esistente " così ha detto il Dott. Saied Joudda, direttore del Kamal Edwan Hospitral a Beit Lahia.

Queste ferite furono viste inizialmente nel luglio 2006, dopo che Israele lanciò una massiccia offensiva militare contro Gaza il mese prima, alla fine di giugno; con gli israeliani che uccisero almeno 286 Palestinesi e ne ferirono oltre 4.200, secondo le stime dei servizi governativi di assistenza sanitaria a Gaza.

Il tungsteno, il principale materiale che dovrebbe schizzar fuori nella zona bersagliata, risulta essere anche altamente cancerogeno e nocivo per l'ambiente.

Secondo la rivista New Scientist, l'equipe guidata da John Kalinich presso l'Armed Forces Radio Biology Research Institute del Maryland afferma che, in una ricerca finalizzata a simulare le ferite da schegge lamellari, furono impiantati in 92 ratti dei pallini di una lega di tungsteno di qualità militare.

Entro cinque mesi tutti gli animali svilupparono un tipo raro di carcinoma chiamato rabdomiosarcoma.

Gli effetti carcinogenici dell' HMTA sono stati studiati dalle forze armate USA almeno fin dal 2000 ( insieme a quelli dell'uranio impoverito ).

E' risultato che queste leghe determinano delle mutazioni neoplastiche negli osteoblasti dell'uomo.

Il Dott. Mark Witten, un ricercatore sul cancro presso l'Università dell'Arizona, ha detto di essere preoccupato dei possibili collegamenti fra tungsteno e leucemia; egli ha detto " la mia opinione è che, prima che i militari ne aumentino l'uso, sono necessarie ulteriori ricerche sugli effetti del tungsteno sulla salute."

Successivamente, gli Israeliani in una dichiarazione, negarono l'uso di armi DIME, aggiungendo che " per motivi operativi, l'IDF ( Israeli Defense Forces ), non può specificare le tipologie e l'utilizzo di specifiche armi in suo possesso. "

Oltre alle attuali enormi sofferenze, i Palestinesi sopravvissuti a queste nuove armi, devono aspettarsi nel futuro di cadere vittime del cancro.

Hiyam Noir


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domenica 11 gennaio 2009

sighit I CRIMINI DI GUERRA DI ISRAELE....ERDOGan...

torra agoa<
L’entità ritenuta responsabile dei lanci sarebbe infatti la «Arab Islamic Resistance», un gruppo nato due anni fa con l’esplicito scopo di rivaleggiare con Hamas.

Il fondatore, Sayyed Mohammad Husseini, è sciita, è stato presentato al mondo dalla TV saudita (Al-Arabiyya), ed ha proclamato: «La nostra resistenza è arabo-islamica, con radici arabe», e non (come si ritiene essere Hezbollah) al servizio degli iraniani.

Improvvisamente strapieno di soldi, questo Husseini ha fondato ad ottobre una propria TV, per rivaleggiare con Al-Manar di Hezbollah, chiamata al-Ourouba («Arabismo»).

Si attribuisce 3 mila militanti armati e addestrati, pronti a combattere «ogni» nemico degli arabi (iraniani compresi). Questo personaggio ha vantato di avere un’arma esclusiva, che ha chiamato «il razzo arabo».

Non essendo riuscito a scalfire la popolarità di Nasrallah (il capo Hezbollah) nel Libano meridionale, Husseini è fortemente sospettato di voler raggiungere lo scopo utilizzando Israele per un nuovo round di combattimenti contro l’odiato rivale. I razzi misteriosi sparati dal territorio Hezbollah possono avere avuto proprio questo scopo.

Nel mondo arabo corrono voci secondo cui il regno saudita addirittura finanzierebbe le operazioni israeliane a Gaza, per neutralizzare in fretta Hamas la cui popolarità cresce nelle piazze sunnite.

Non c’è da stupirsi che corrano altre voci: la famiglia reale dei Saud discenderebbe da Mordakhai bin Ibrahim Musa, un mercante e avventuriero ebreo che avrebbe cambiato religione nel 1432, anno 851 dell’Egira (3).

Nella questione entra, naturalmente, l’interesse petrolifero. Secondo l’Observer, USA e Israele hanno pronto il progetto di un oledototto che dovrebbe portare il greggio iracheno ad Israele (oleodotto di Haifa) passando attraverso la Siria. Il progetto contempla ovviamente l’occupazione della Siria e la sua riduzione a «democrazia» sul modello dell’Iraq (4).

Il massacro di Gaza sarebbe dunque solo la prima fase di un vasto piano di controllo dell’intero Medio Oriente, in parte anche in funzione anti-turca, dato che l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan perderebbe importanza strategica.

Ciò potrebbe avvicinare ulteriormente Ankara a Teheran, che già collaborano contro il loro nemico comune nell’Iraq occupato: i curdi, manovrati dal Mossad.

Questo può dare un’idea della pericolosità delle avventure in questo settore del mondo. Senza contare che, per «giustificare» un ampliamento del conflitto alla Siria e all’Iran, sarà necessario un nuovo 11 settembre.

Che qualcosa del genere si stia preparando, gli indizi si moltiplicano; ne parleremo in un prossimo articolo.

Ma Israele non fa nemmeno mistero dei suoi piani di conquista:

«Israele deve prepararsi a volgere la sua potenza militare da Gaza all’Iran», spiega il generale Amir Oren su Haaretz.



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1) «Le fran-parler de la Turquie», Dedefensa, 8 gennaio 2009.
2) Sami Moubayed, «Rockets strikes reveal new foe in Lebanon», Asia Times, 10 gennaio 2009.
3) La curiosa storia si può leggere su «The Saudi dinasty: who are they?», al sito http://www.wakeupfromyourslumber.com/node/2853
4) Mike Whitney, «Israel dress reharsal for Lebanon», Global Research, 10 gennaio 2009.
FDF.com
imprentau dae Maurizio Blondet
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sighit I CRIMINI DI GUERRA DI ISRAELE....ERDOGAn...

torra agoa< Erdogan infatti ha visitato il regno saudita, l’Egitto, la Siria e la Giordania; inoltre ha incontrato il presidente dell’Autorità Palestinese e il capo dell’ufficio politico di Hamas a Damasco, Khalid Mish’al. Ecco cosa dice dei quei colloqui:

«... Certo avremmo tutti voluto che Hamas tornasse al tavolo negoziale e prolungasse il periodo di calma. Certo sarebbe stato il meglio. Ma questa è un’altra questione. Mantenere l’assedio e far pressione sugli abitanti di Gaza mettendoli alla fame, impedire la fornitura di medicinali e di aiuti umanitari, far aspettare i camion per lunghi periodi ai valichi, tutto questo ha reso la situazione a Gaza intollerabile. Il governo di lì era anche sotto grande pressione, perchè richiesto di provvedere ai bisogni del popolo che lo ha eletto».

«... Rinnovo la mia richiesta a Israele perchè cessi il fuoco, perchè Israele può arrivare a uno stadio da cui sarà difficile tornare indietro. Secondo: l’assedio va tolto. Se ciò avviene possiamo fare passi per ottenere una conciliazione nazionale tra Fatah e Hamas. Pur di ottenere tale riconciliazione, ogni considerazione personale dovrebbe essere lasciata completamente da parte, e in seguito si dovrà prendere la decizione di eleggere il presidente (del governo palestinese di unità nazionale, ndr) e il Consiglio legislativo palestinese. Noi in Turchia siamo pronti a dare una mano in questa cornice... L’Egitto è stato il primo a prendere questa via e noi appoggiamo l’Egitto, e possiamo aiutare. Penso che possiamo influenzare Hamas, perchè Hamas ha in qualche modo perso fiducia in alcune delle parti (sic). Possiamo lavorare con Hamas per ricostituire questa fiducia».

«Certe persone dicono che Iran o Siria stiano ostacolando la riconciliazione (fra palestinesi). Dobbiamo lasciar da parte simili discorsi, dobbiamo concentrarci sul raggiungimento di un accordo, onde non dover assistere alla morte di altri ancora».

«Alcuni sostengono che Hamas è responsabile ed ha preparato il terreno a questo... E’ un discorso inaccettabile, che non si può permettere. Dobbiamo concentrarci su quelli che ogni giorno vengono uccisi, ci sono centinaia di feriti che non possono essere portati negli ospedali...».

Secondo Debka (Mossad), Erdogan sta per congelare le esercitazioni militari congiunte israelo-turche già programmate, e ripensando la mezza alleanza militare con lo Stato ebraico. Più preoccupante per Israele, il destino del grosso accordo petrolifero che dovrebbe portare il petrolio di Baku al porto turco di Ceyhan, e da lì per petroliere ad Askelon, non solo per i bisogni interni israeliani, ma soprattutto per l’inoltro verso l’oceano Indiano e l’Estremo Oriente, scavalcando il canale di Suez, danneggiando dunque l’economia egiziana.

Certo è che nonostante tutti i condizionamenti internazionali a cui è legata (con gli USA, con la NATO, con la speranza di entrare in Europa), Ankara dimostra una indipendenza di giudizio politico introvabile nei nostri euro-politici.

D’altra parte, lo aveva già dimostrato nel 2003, quando il parlamento turco rifiutò il transito alle armate americane dirette contro l’Iraq, e durante la crisi in Sud-Ossetia, quando la Turchia è stata la prima ad attribuire la responsabilità del conflitto alla Georgia, anzichè – come hanno fatto tutti i nostri trombettieri – a Putin.

Erdogan si permette anche di essere duro con l’agnello di Sion: «Quando dico che Isaele ha insultato la Turchia, intendo che Israele legga tra le righe. Credo che Israele capisca cosa dico e cosa intendo».

Bisognerà ripensare le nostre posizioni? La Turchia in Europa (e gli eurocrati in Turchia)?

Ma Giuda ha un altro alleato, meno preoccupato della propria dignità. L’Arabia Saudita (2).

Come si ricorderà, alcuni razzi sono stati lanciati nei giorni scorsi non da Gaza, ma dal Libano meridionale, dal territorio Hezbollah. Ore tesissime, con il rischio che Israele riaprisse il fronte libanese. Hezbollah ha subito chiarito di non aver lanciato i razzi; il presidente libanese Suleiman ha detto apertamente che si trattava di «una provocazione di Israele».

Ora, fonti autorevoli chiamano in causa l’Arabia Saudita.

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sighit I CRIMINI DI GUERRA DI ISRAELE....ERDOGAN...

torra agoa<

«La Striscia di Gaza è una prigione»: chi parla così – in consonanza notevole con il cardinal Martino – è Recep Tayyp Erdogan, il primo ministro turco. E non solo: in una intervista ad Al-Jazeera, Erdogan ha avuto chiarissime parole di disprezzo per la doppiezza israeliana. Parole di alta dignità che non si sentono dalle nostre parti (1).

Nei giorni dell’attacco israeliano a Gaza, Erdogan aveva detto che l’aggressione «non è solo un colpo agli sforzi di pace», ma «un insulto alla Turchia». Il giornalista di al Jazeera gli chiede il perché:

«Anzitutto», risponde Erdogan «si deve dire che ciò che accade a Gaza è una vera tragedia umana. Questa tragedia non è cominciata con l’offensiva israeliana; è cominciata con i mesi di affamamento e l’assedio che ha reso la vita difficile alla gente di Gaza. La Striscia è una prigione, e gli abitanti vivono chiusi in quella prigione, isolati dal mondo».

«Mentre l’assedio continuava, il primo ministro israeliano ha visitato Ankara, qualche giorno fa (l’intervista è del 4 dicembre, ndr) per discutere la quinta tornata della mediazione indiretta tra Siria e Israele, in cui noi siamo i mediatori. Abbiamo discusso di quest’argomento per sei ore, e non abbiamo parlato affatto del tema di Gaza. Però, gli abbiamo detto che potevamo dare una mano anche nella questione palestinese. Più precisamente, ci siamo offerti di mediare con Hamas e gli abbiamo detto che se libera le donne e i bambini tra i palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane, noi potevamo salvare il soldato israeliano che Hamas tiene in cattività».

«Il primo ministro israeliano (Olmert) mi ha risposto che ne avrebbe parlato il giorno dopo coi suoi consiglieri, e mi avrebbe dato una risposta. Invece, non abbiamo saputo più niente».

Insomma, Olmert ha tenuto nascosto ad Erdogan che stava per lanciare l’attacco a Gaza.

«Questo», dice il premier turco, «è un comportamento privo di rispetto, e che configura un insulto alla Turchia. Ecco come vedo io la cosa. Non sto parlando in modo emozionale, sono dalla parte della giustizia. Un politico deve agire con onestà. Avrebbe dovuto tenere fede alla sua parola, ma invece, che cosa è accaduto sabato 27 dicembre? Deplorevolmente ha cominciato a bombardare Gaza dal cielo. Come sapete, 180 persone sono state uccise nel primo giorno, e 300 ferite. Non è una tragedia umana da ogni punto di vista? Io, anzitutto come essere umano e come primo ministro responsabile, non posso pazientare e tollerare questo, e stare solo a guardare. Mi metto nei loro panni e penso come mi comporterei sotto simili bombardamenti. Ciò mi dà incentivo a fare il mio dovere e ad agire per il bene del mio popolo e mio. Siamo di fronte a un crimine contro l’umanità, perchè Israele usa una forza sproporzionata. Quelli dall’altra parte non dispongono di tanta forza».

«Spesso, gli israeliani usano il pretesto che i palestinesi sparano razzi contro di loro. Io ho chiesto loro: quanti israeliani sono stati uccisi dal lancio di questi razzi? Non ho avuto risposta».

«... Tu attacchi la striscia di Gaza con tutta questa forza, e la tua scusa è la questione dei razzi? Perchè tutta questa esagerazione? Questo argomento per me non è convincente. I risultati di tanta violenza israeliana sono evidenti a tutti. Gaza City è liquidata. Tutte le sue infrastrutture civili sono distrutte. Israele ha fatto lo stesso in passato, in altre zone della Palestina. Ha distrutto le coltivazioni e ucciso la popolazione, e nessuno viene chiamato a rendere conto di ciò che si fa. Anzi, non ha mai applicato alcuna delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, perchè nessuno la chiama a rispondere delle sue violazioni del diritto internazionale».

«Vorrei sottolineare una cosa importante. Ricordate bene gli eventi in Georgia e Sud-Ossetia. Lì, tutti sono intervenuti immediatamente: le Nazioni Unite, l’America, la UE, la NATO, e anche noi. Ma oggi vedi qualcuno agire per soccorrere Gaza? E’ successo solo questo: che io ho fatto una rapida visita negli Stati arabi vicini per valutare la situazione. Ma non si vede uno sforzo reale ed effettivo da parte dei governi e delle organizzazioni internazionali».

«Anzi, c’è chi dice che Israele agisce per auto-difesa. Come può uno dire questo? Non ci potete convincere di questo. Se fossimo convinti che Israele ha ragione, non avremmo esitato a stare dalla sua parte. Io ho deplorato Israele, certamente non è dalla parte della ragione, e sta ripetendo un errore storico».
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sighit IL TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI...III

torra agoa<
Ricordo ai nostri ‘intellettuali’ di andarle a leggere queste cose, che sono in libreria accessibili a tutti, prima di emettere sentenze.
E l’ipocrisia sta nel fatto che questi negazionisti di tali orrori storici possono scrivere le enormità che scrivono sulla tragedia di Gaza, sulla Pulizia Etnica dei palestinesi, e possono dichiararsi filo-israeliani “appassionati” (Travaglio) senza essere ricoperti di vergogna dal mondo della cultura, dai giornalisti e dai politici come lo sarebbe chiunque negasse in pubblico l’orrore patito per decenni dalle vittime dell’Apartheid sudafricana, o i massacri di pulizia etnica di Srebrenica e in tutta la ex Jugoslavia.
Il mio appello a questi colti mistificatori è: continuare a seppellire sotto un oceano di menzogne, di ipocrisia, sotto l’indifferenza allo strazio infinito di un popolo, sotto la vostra paura o la vostra convenienza, la grottesca sproporzione fra il torto di Israele e quello palestinese, causa e causerà ancora morti, agonie, inferno in terra per esseri umani come noi, palestinesi e israeliani. Sono più di cento anni che il nostro mondo li sta umiliando, tradendo, derubando, straziando, con Israele come suo sicario. Sono 60 anni che chiamiamo quelle vittime “terroristi” e i terroristi “vittime”. Questo è orribile, contorce le coscienze. Non ci meravigliamo poi se i palestinesi e i loro sostenitori nel mondo islamico finiscono per odiarci. Dio sa quanta ragione hanno, cari 'intellettuali'.

Paolo Barnard

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sighit IL TRADIMENTO DEGLI INTELLETTUALI...II

torra agoa <
Ricordo Albert Einstein, che sul New York Times del dicembre 1948 definì l’emergere delle forze di Menachem Begin (futuro premier d’Israele) in Palestina come “un partito fascista per il quale il terrorismo e la menzogna sono gli strumenti”.
Ricordo Ephrahim Katzir, futuro presidente di Israele, che nel 1948 mise a punto un veleno chimico per accecare i palestinesi, e ne raccomandò l’uso nel giugno di quell’anno.
Ricordo Ariel Sharon, che sarà premier, e che nel 1953 fu condannato per terrorismo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 101, dopo che ebbe rinchiuso intere famiglie palestinesi nelle loro abitazioni facendole esplodere.
Ricordo l’ambasciatore israeliano all’ONU, Abba Eban, che nel 1981 disse a Menachem Begin: “Il quadro che emerge è di un Israele che selvaggiamente infligge ogni possibile orrore di morte e di angoscia alle popolazioni civili, in una atmosfera che ci ricorda regimi che né io né il signor Begin oseremmo citare per nome”.
Ricordo la risoluzione ONU A/RES/37/123, che nel dicembre del 1982 definì il massacro dei palestinesi a Sabra e Chatila sotto la “personale responsabilità di Ariel Sharon” un “atto di genocidio”.
Ricordo le parole dello Special Rapporteur dell’ONU per i Diritti Umani, il sudafricano John Dugard, che nel febbraio del 2007 scrisse che l’occupazione israeliana era Apartheid razzista sui palestinesi, e che Israele doveva essere processata dalla Corte di Giustizia dell’Aja. Ricordo le parole dell'intellettuale ebreo Norman G. Finkelstein, i cui genitori furono vittime dell’Olocausto: “Ma se gli israeliani non vogliono essere accusati di essere come i nazisti, devono semplicemente smettere di comportarsi da nazisti.”
Ricordo che esistono prove soverchianti che Israele usa bambini come scudi umani; che lascia morire gli ammalati ai posti di blocco; che manda i soldati a distruggere i macchinari medici nei derelitti ospedali palestinesi; che viola dal 1967 tutte le Convenzioni di Ginevra e i Principi di Norimberga; che ammazza i sospettati senza processo e con loro centinai di innocenti; che punisce collettivamente un milione e mezzo di civili esattamente come Saddam Hussein fece con le sue minoranze shiite; che massacra 19.000 o 1.000 civili a piacimento in Libano (1982, 2006) e poi reclama lo status di vittima del ‘terrorismo’.
Ricordo che il Piano di Spartizione della Palestina del 1947 fu rigettato da Ben Gurion prima ancora che l'ONU lo adottasse, e che esso privava i palestinesi di ogni risorsa importante (dai Diari di Ben Gurion).
Ricordo che la guerra arabo-israeliana del 1948 fu una farsa dove mai l’esercito ebraico fu in pericolo di sconfitta, tanto è vero che Ben Gurion diresse in quei mesi i suoi soldati migliori alla pulizia etnica dei palestinesi (sempre dai Diari di Ben Gurion); che la guerra dei Sei Giorni nel 1967 fu un’altra menzogna, dove ancora Israele sapeva in aticipo di vincere facilmente “in 7 giorni”, come disse il capo del Mossad Meir Amit a McNamara a Washington prima delle ostilità, e mentre l’egiziano Nasser tentava disperatamente di mediare una pace (dagli archivi desecretati della Johnson Library, USA); che gli incontri di Camp David nel 2000 furono un inganno per distruggere Arafat, come ho dimostrato in “Perché ci Odiano” intervistando i mediatori di Clinton; che i governi di Israele hanno redatto 4 piani in sei anni per la distruzione dell'Autorità Palestinese sancita dagli accordi di Oslo mentre fingevano di volere la pace (nomi: Fields of Thorns, Dagan, The Destruction of the PA, ed Eitam); che la tregua con Hamas che ha preceduto l’aggressione a Gaza fu rotta da Israele per prima il 4 novembre del 2008 (The Guardian, 5/11/08 – Ha’aretz, 30/12/08), con l’assassino di 6 palestinesi.
E queste sono solo briciole della mole di menzogne che ci hanno raccontato da sempre sulla 'epopea' sionista.
Ricordo infine Ben Gurion, il padre di Israele, che lasciò scritto: “Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle loro terre, per ripulire la Galilea dalla sua popolazione araba”. E ancora: “C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti”. Quell'uomo pronunciò quelle agghiaccianti parole 20 anni prima della nascita dell’OLP, più di 30 anni prima della nascita di Hamas, 50 anni prima dell’esplosione del prima razzo Qassam su Sderot in Israele

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sight IL TRADIMENTO EGLI INTELLETTUALI

torra agoa<
Ciò che conta è il danno che costoro causano, che è, si badi bene, superiore a quello delle armi, delle torture, delle pulizie etniche, del terrorismo. Molto superiore.

Perché una cosa sia chiara a tutti: l’unica speranza di porre fine alla barbarie in Palestina sta nella presa di posizione decisa dell’opinione pubblica occidentale, nella sua ribellione alla narrativa mendace che da 60 anni permette a Israele di torturare un intero popolo innocente e prigioniero nell’indifferenza del mondo che conta, quando non con la sua attiva partecipazione.

Ma se gli intellettuali non fanno il loro dovere di denuncia della verità, se cioè non sono disposti a riconoscere ciò che l’evidenza della Storia gli sbatte in faccia da decenni, e se non hanno il coraggio di chiamarla pubblicamente col suo nome, che è: Pulizia Etnica dei palestinesi, mai si arriverà alla pace laggiù. E l’orrore continua.

Essi, di quegli orrori, hanno una piena e primaria corresponsabilità.

L’evidenza della Storia di cui parlo è in primo luogo: che il progetto sionista di una ‘casa nazionale’ ebraica in Palestina nacque alla fine del XIX secolo con la precisa intenzione di cancellare dalla ‘Grande Israele’ biblica la presenza araba, attraverso l’uso di qualsiasi mezzo, dall’inganno alla strage, dalla spoliazione violenta alla guerra diretta, fino al terrorismo senza freni. I palestinesi erano condannati a priori nel progetto sionista, e lo furono 40 anni prima dell’Olocausto.

Quel progetto è oggi il medesimo, i metodi sono ancor più sadici e rivoltanti, e Israele tenterà di non fermarsi di fronte a nulla e a nessuno nella sua opera di Pulizia Etnica della Palestina. Questo accadde, sta accadendo e accadrà. Questo va detto, illustrato con la sua mole schiacciante di prove autorevoli, va gridato con urgenza, affinché il pubblico apra finalmente gli occhi e possa agire per fermare la barbarie.

In secondo luogo: che la violenza araba-palestinese, per quanto assassina e ingiustificabile (ma non incomprensibile), è una reazione, REAZIONE, disperata e convulsa, a oltre un secolo di progetto sionista come sopra descritto, in particolare a 60 anni di orrori inflitti dallo Stato d’Israele ai civili palestinesi, atrocità talmente scioccanti dall’aver costretto la Commissione dell’ONU per i Diritti Umani a chiamare per ben tre volte le condotte di Israele “un insulto all’Umanità” (1977, 1985, 2000). La differenza è cruciale: REAGIRE con violenza a violenze immensamente superiori e durate decenni, non è AGIRE violenza. E’ immorale oltre ogni immaginazione invertire i ruoli di vittima e carnefice nel conflitto israelo-palestinese, ed è quello che sempre accade. E’ immorale condannare il “terrorismo alla spicciolata” di Hamas e ignorare del tutto il Grande terrorismo israeliano.

Le prove. Non posso ricopiare qui migliaia di documenti, citazioni, libri, atti ufficiali e governativi, rapporti di intelligence americana e inglese, dell’ONU, delle maggiori organizzazioni per i Diritti Umani del mondo, di intellettuali e politici e testimoni ebrei, e tanto altro, che dimostrano oltre ogni dubbio quanto da me scritto. Quelle prove sono però facilmente consultabili poiché raccolte per voi e rigorosamente referenziate in libri come “La Pulizia Etnica della Palestina”, di Ilan Pappe, Fazi ed., o “Pity The Nation”, di Robert Fisk, Oxford University Press, e “Perché ci Odiano”, Paolo Barnard, Rizzoli BUR, fra i tantissimi. O consultabili nei siti http://www.btselem.org/index.asp, http://www.jewishvoiceforpeace.org, http://zope.gush-shalom.org/index_en.html, http://www.kibush.co.il, http://rhr.israel.net, http://otherisrael.home.igc.org. O ancora leggendo gli archivi di Amnesty International o Human Rights Watch, o ne “La Questione Palestinese” della libreria delle Nazioni Unite a New York.

E torno al “tradimento degli intellettuali” nostrani. Vi sono aspetti di quel fenomeno che sono fin disperanti. Il primo è l’ignoranza in materia di conflitto israelo-palestinese di alcuni di quei personaggi, Marco Travaglio per primo; un’ignoranza non scusabile, per le ragioni dette sopra, ma anche ‘sospetta’ in diversi casi.

Un secondo aspetto è l’ipocrisia: l’evidenza di cui sopra è soverchiante nel descrivere Israele come uno Stato innanzi tutto razzista, poi criminale di guerra, poi terrorista, poi Canaglia, poi persino neonazista nelle sue condotte come potere occupante.
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sighit ISRAELE CONTINUA IL MASSACRO. Olmert:vicini a obiettivi prefissati. (il genocidio?)

torra agoa<
Un funzionario della Difesa israeliana dovrebbe recarsi domani in Egitto per cercare di rendere più stringenti le misure contro il contrabbando di armi. Fonti diplomatiche tedesche dicono che Berlino ha offerto di inviare i suoi specialisti la settimana prossima in Egitto per discutere dei modi per migliorare la sicurezza lungo le frontiere, e Il Cairo ha risposto positivamente.

Appoggiati da elicotteri, le truppe e i carri armati israeliani si sono spinti nella zona orientale e in quella meridionale di Gaza city, affrontando i militanti di Hamas che hanno sparato missili anti-blindato e colpi di mortaio.

Il bilancio delle vittime palestinesi dall'inizio della guerra, il 27 dicembre scorso, è salito a 869 morti, molti dei quali civili, dicono le autorità sanitarie di Gaza.

Da parte israeliana si registrano invece 13 morti: tre civili colpiti da razzi e 10 soldati, indicano i dati ufficiali di Israele.

OBAMA: SUBITO IMPEGNO

Il presidente eletto degli Usa, Barack Obama, ha detto nel corso di una trasmissione tv che comincerà ad agire per la pace in Medio Oriente appena si sarà insediato alla Casa Bianca, e che il conflitto a Gaza sottolinea soltanto la sua determinazione a occuparsi al più presto della questione.

Nel corso di scontri in strada a Gaza i soldati israeliani hanno ucciso 10 cecchini, hanno detto operatori medici palestinesi. Altri tre combattenti e un membro della polizia di Hamas sono stati uccisi nel corso di attacchi aerei.

Ufficiali medici dicono che 13 civili, tra cui quattro persone di una stessa famiglia, sono stati uccisi dalle forze israeliane, e che il bombardamento di parte israeliana su due villaggi a sud città di Gaza ha distrutto 15 case.

L'esercito israeliano ha reso noto di aver attaccato una moschea utilizzata come deposito di armi, dieci pattuglie armate, tre siti lanciarazzi e la causa di un comandante di Hamas.

A Gerusalemme, il segretario di Gabinetto Oved Yehezkel ha detto che i leader di Hamas si sono rifugiati in ambasciate straniere a Gaza - senza specificare di quali paesi - in ospedali e in bunker per sfuggire alle forze israeliane.

Dal confine, due razzi palestinesi hanno colpito Beersheba, 42 km all'interno di Israele, ha riferito l'esercito, e almeno altri quattro colpito altre comunità, ma non sono state registrate vittime, solo qualche danno.

FOSFORO BIANCO

L'associazione statunitense Human Rights Watch ha chiesto a Israele di smettere di utilizzare munizioni al fosforo bianco nelle zone densamente popolate della Striscia di Gaza, affermando che possono provocare gravi ustioni e incendi.

L'associazione ha detto che apparentemente il fosforo viene utilizzato per creare schermi fumogeni, un uso "consentito in via di principio secondo la legge internazionale". Ma anche fatto presente foto scattate dai media di esplosioni aeree del composto chimico, affermando che esso può provocare fiammate su un'area di 125-250 metri di diametro, secondo l'altitudine a cui è avvenuta l'esplosione.

Israele ha risposto di utilizzare solo armi previste dalla legge internazionale, accusando invece Hamas di usare i civili come scudi umani.

Le azioni israeliane hanno attirato le denunce della Croce rossa, delle agenzie Onu e dei governi arabi ed europei e lo Stato ebraico continua con la sua offensiva nonostante una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che chiede una tregua immediata e gli sforzi euro-egiziani per una mediazione.
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sabato 10 gennaio 2009

sighit secondo un ex generale.......

torra agoa<

Atilgan ha anche detto che l'Iran non farà passi concreti per fermare la violenza israeliana. "L'Iran è uno dei paesi chiave del Medio Orriente. Le sue parole sono più grandi del suo potere. Iran non è mai stato attivamente in conflitto con Israele. In questo momento è occupato con la carota che gli viene offerta per il suo programma nucleare. Sta aspettando ansiosamente un pacchetto di proposte sul nucleare dall'amministrazione USA, e non credo che l'Iran si farà coinvolgere nella tragedia Palestinese", ha detto.

Atilgan ha ribadito la sua convinzione che la Turchia abbia il potere di fermare le sofferenze dei Palestinesi. "Non c'è altro paese nella regione, tranne la Turchia, che possa essere ascoltato da Israele. Il potere militare di Israele è sufficiente a distruggere diversi paesi. Israele ha costruito la sua strategia militare per distruggere tutti i fattori che in futuro possano costituire una minaccia per lei. Per questo l'impianto nucleare in Iraq è stato distrutto. Per questo all'Iran non viene permesso di avere tecnologia nucleare. Questa è una strategia pericolosa", ha proseguito.

Ha anche detto che sono stati gli USA a beneficiare più di tutti dell'anti-americanismo in Turchia, aggiungendo che si domandava se l'anti-americanismo in Turchia non sia stato promosso dagli stessi Stati Uniti.

"Non addestriamo piloti israeliani"

Il generale in pensione, che un tempo ha avuto una posizione di alto livello nelle Forze Aeree turche, ha respinto le affermazioni secondo cui i piloti israeliani, che stanno distruggendo Gaza con le bombe in questo momento, siano stati trasferiti in Turchia per essere addestrati.

"La Turchia ha firmato un accordo di cooperazione militare con Israele nel 1996, quando i paesi arabi si schierarono con la Siria per la crisi idrica. Lo scopo di questo accordo era di proteggere la Turchia contro le minacce provenienti da sud. La Turchia non ha accordi militari solo con Israele; abbiamo accordi simili con circa 40 paesi" - ha detto.

Traduzione FDF.com a cura di Stefano Brizzi

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