mercoledì 28 gennaio 2009

sihit L’acqua (che nessuno vede) nella guerra

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Perciò il furto di acqua dalle condutture di Israele é comune in quella regione.La regola del gioco è questa: mentre il palestinese non há accesso all’acqua per bere, l’israeliano si è abituato a un uso senza restrizioni.In questa situazione, si può immaginare un’altra forma di uso condiviso delle risorse idriche nei prossimi anni? Si può immaginare la sopravvivenza di uno stato e, in questo caso, della Palestina, senza il controllo effettivo dell’accesso e della distribuzione dell’acqua di cui ha necessità?Dal 1948, Israele da la priorità a progetti, anche bellici, per garantirsi il controllo dell’acqua nella regione. Tra questi:
la costruzione dell’Acquedotto Nazionale (National Water Carrier);
nel 1967, si è annessa i territori palestinesi di Gaza e Cisgiordania e ha levato alla Síria le Alture del Golan, ricche in fonti di acqua, per controllare gli affluenti del Giordano. Riguardo a questa guerra, Ariel Sharon disse che l’idea era nata nel 1964, quando Israele decise di controllare la fornitura di acqua; nel 2002, la costruzione del ‘muro di sicurezza’ permise il controllo israeliano di quasi la totalità dell’acquifero del Basin, uno dei tre maggiori della Cisgiordânia, che fornisce 362 milioni di metri cubi di acqua all’anno. Secondo Noam Chomsky, “il Muro ha già recinto alcune delle terre più fertili del lato orientale. E, fatto cruciale, estende il controllo di Israele sulle risorse idriche critiche, di cui Israele e i suoi insediamenti possono appropriarsi come vogliono...” [4]. Già prima del muro, metà dell’acqua forniva gli insediamenti israeliani. Con la distruzione di 996 chilometri di condutture d’acqua, alla popolazione palestinese che vive vicino al muro manca l’acqua da bere; prima di restituire (simbolicamente) la fascia di Gaza, Israele ha distrutto le risorse idriche della regione. E, ad oggi, non c’è infrastruttura idrica nelle regioni palestinesi. Quanti parlano di queste cose??? Nel 2003, alla 3ª Conferenza Mondiale dell’Acqua, a Kyoto, Mikhail Gorbachev sollevò il problema dei conflitti mondiali per l’acqua: contabilizzò, allora, 21 conflitti armati con l’obbiettivo di appropriarsi di più fonti di acqua; di questi, 18 avvenivano in Israele.Gestione congiunta, consumo egualitario di acqua, etica e consenso nell’acqua – parole belle sulla carta, sui tavoli dei negoziati, sui media... Nella pratica, un’utopia.Cosa stanno aspettando l’ONU e i padroni del pianeta per esigere che Israele osservi le regole internazionali sull’acqua, contenute nelle convenzioni, accordi, dichiarazioni (e altre schiocchezzuole)... ?Chi avrà il coraggio di creare regole chiare e oggettive per punire la violazione dei diritti dei popoli e delle nazioni alla loro sovranità sulle proprie risorse e ricchezze naturali? Note:[1] Avvocata ambientalista, coordinatrice del programa Eco&Azione, Presidente della Ong Ambientale Acqua Bios e dell’Accademia Libera delle Acque, website: http://www.ecoeacao.com.br/[2] http://jbonline.terra.com.br/jb/papel/internacional/2002/11/23/jorint20021123004.html[3] http://www.galizacig.com/actualidade/200403/portoalegre2003_muro_humilhacao_e_roubo.html[4] Dal libro di Noam Chomsky: Nuovi e Vecchi Ordini Mondiali, São Paulo, Ed. Scritta, 1996.

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