giovedì 5 febbraio 2009

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L’opposizione si presenta invece ancora divisa e per il ritorno ad un’era riformista diventa determinante il ruolo della nuova amministrazione americana: tra i candidati ci sono nomi quali Mehdi Karroubi, leader del partito Etemad Melli; Mohammad-Reza Aref, ex vice presidente del secondo mandato Khatami; Hossein ‎Kamali, capo del Hezbe Islami-e Kar (Partito Islamico del Lavoro); l'ex primo ministro Mir Hossein Mousavi, candidato del partito Mardomsalari, e Hassan Rowhani, sostenuto dall’ala moderata del partito Kargozaran. Non è poi ancora esclusa la partecipazione dell'ex presidente riformista Mohammad Reza Khatami, appoggiato da gran parte del mondo intellettuale e dalla gioventù studentesca.

Sono molte le ragioni per le quali Barack Obama è interessato al futuro dell’Iran: per l’importanza strategica, sia politica che militare; per la questione sul supporto che Teheran offre ai gruppi terroristici, fatto direttamente legato all’influenza shiita in Iraq, Afghanistan e nel vicino Medio Oriente; per il programma nucleare, problema che la Casa Bianca vorrebbe risolvere senza arrivare al muro contro muro e che rimane al centro dell’agenda del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sono in molti a credere che comunque il presidente Usa, sperando nell’elezione di una figura più moderata, voglia guadagnare tempo e scoprire le carte dopo il 12 giugno. A questo punto sta ad Ahmadinejad dimostrarsi più moderato, perché il 12 giugno si vince solo se si parla il linguaggio del dialogo e, con Khatami, i riformisti hanno dimostrato di saperlo fare.

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