mercoledì 4 febbraio 2009

sighit Berlusconi ha l'ossessione di Soru

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Non a torto, probabilmente. La settimana scorsa aveva dovuto fronteggiare il “mucchio selvaggio” dei ministri compradores scatenati ad annunciare i loro miracoli ai sardi presunti beoti e creduloni. Con la gustosa soddisfazione, stimolata anche da questo giornale ripreso a livello nazionale, di vedere il leghista Zaia costretto a usare i taxi dopo la dura denuncia di Mannoni, che gli aveva negato le autoblu chieste con piglio da padrone in trasferta nella colonia sarda. Ora è tornato in campo, Berlusconi ma non trasmette affatto un senso di forza e sicurezza. Solo tracotanza e paura, comunque mai autorevolezza. Perché è chiaro a tutti che per lui Renato Soru è diventato un'ossessione, l'incarnazione di una paura manifesta: quella della sconfitta alle urne. Lui stesso ha voluto trasformarle nella resa dei conti contro l'unico personaggio che gli ha sempre tenuto testa, ha ribattuto colpo su colpo, non ha mai chinato la testa né quando i sostenitori del Cavaliere gli hanno assaltato la casa, né quando lui stesso è andato fare il comizio trenta metri sotto, con eccezionale fair play. Soru si spiega benissimo contro il premier ma non si piega. E a quanto pare non si stanno piegando, davanti a quest'offensiva becera e senza precedenti, neanche gli elettori sardi.

Sono i sondaggi che dicono male a far infuriare Berlusconi: indignato che non si faccia la sua volontà elettorale. Incredulo, ossessionato e quasi invidioso, che la stampa nazionale esalti o comunque presti grande attenzione e rispetto a Soru. Nel suo delirio di onnipotenza, non può esistere alcuno che non venga spazzato via se lui lo chiede e lo persegue in prima persona. Come i giocatori al casinò, alza al massimo il rilancio perché sente di non controllare la partita, per ribaltarne l'andamento. Appunto, l'ossessione della sconfitta e dell'uomo che potrebbe incarnarla, sia pure con mezzi così clamorosamente impari rispetto al'avversario.

Dev'essere ben inquieto, il Cavaliere. Reso più preoccupato, oltrechè dai sondaggi, da autorevoli pareri. In un'intervista a 'Il Riformistà, Francesco Cossiga ha pronosticato nei giorni scorsi la vittoria di Renato Soru: “Non so se diventerà leader nazionale del Pd, però non ho dubbi che prevarrà su Cappellacci”. Soru, ha spiegato il presidente emerito della Repubblica, “sa parlare al sardo”, mentre lo sfidante del Pdl “rischia di essere preso per la proiezione di una figura esterna all'isola, cioè Berlusconi”. Tanto che il senatore a vita dà un consiglio al premier: “Gli suggerirei di diradare le sue visite sull'isola. La Sardegna -rimarca Cossiga- non è l'Abruzzo e nemmeno il Veneto”.

Forse il Cavaliere ha cominciato a capirlo e rilancia, rilancia gli attacchi a Soru: “incantatore di serpenti”. A proposito, chi sono gli incantati e come mai si fanno sedurre da un “fallito”? I sardi, forse lui stesso, tanti italiani che vedono il leader nazionale emergente nel protagonista sardo della sfida a Berlusconi? Ormai la partita è a due, Cappellacci davvero dovrebbe mettersi da parte e aspettare l'esito, chiamandosi fuori come di fatto è. Vedremo se Berlusconi tornerà in Sardegna e in quali numeri si produrrà dopo gli ennesimi insulti, benché davanti ai quali la destra sarda e il suo finto candidato tacciono: non disturbate il manovratore, anche temendo che stia facendo deragliare il tram con le sue sparate-boomerang. Berlusconi non ha mai detto una sola parola contro Bassolino, che pure qualche giudizio pesante e motivato l'avrebbe meritato. Viceversa, parla e straparla, siamo alla persecuzione vera e propria, solo di Soru: la sua ossessione, l'oggetto di una paura che monta e si manifesta così puerilmente. Gli ha scatenato contro lo Stato e il governo, contando anche sui vescovi sardi che hanno fatto dei loro altari un vergognoso tempio per le sue omelie elettorale. Se con tutto questo i sondaggi continuano a dirgli male e comunque a non garantirgli la vittoria, fa bene il Cavaliere a essere preoccupato: è già una sconfitta bruciante, quasi umiliante, a prescindere da quel che diranno le urne.

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