lunedì 5 gennaio 2009

sighit Ebrei coraggiosi III

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«Al contrario di Israele dove vige la libertà di parola e il dibattito pubblico, una quantità di cosiddette 'importanti' organizzazioni ebraico-americane chiudono la bocca ai critici con l'intimidazione. La pubblicazione di John Mearsheimer e Stephen Walt, 'The Israeli Lobby and US foreign Policy', è stata trattata come se i due fossero dei cosacchi dediti al pogrom. A Tony Judt, il celebre storico e critico letterario, è stato impedito di parlare presso il consolato polacco di New York dalle pressioni dell'ADL (anti-Defamation League). Judt è ebreo… a suo favore sono state raccolte oltre cento firme, ebraiche, sotto una protesta che ha denunciato 'il clima di intimidazione'».

Questa soppressione di ogni opinione diversa, questa museruola al dibattito, questa riduzione al silenzio di ogni posizione differente è un segno di paura.

«Jimmy Carter, che per la pace in Medio Oriente ha fatto più che ogni altro presidente, è stato ferocemente aggredito per aver osato usare la parola 'apartheid' per descrivere l'oppressione di Israele sui palestinesi: parola che spesso si legge nei giornali israeliani. […] Danny Rubinstein, sperimentato giornalista del quotidiano Haaretz, è stato invitato dalla British Zionist Federation e poi l'invito è stato ritirato, perché aveva usato la stessa parola proibita. Anche due istituzioni educative cattoliche si sono piegate: il St. Thomas College di Minneapolis che aveva cancellato la conferenza del vescovo Desmond Tutu e poi ha dovuto tornare sui suoi passi a causa delle proteste, e la De Paul University di Chicago che ha rifiutato la cattedra a Norman Finkelstein, benchè il consiglio di facoltà avesse votato a schiacciante maggioranza a suo favore».

«Per contro, i neocon ebrei (ce ne sono anche di non-ebrei) possono parlare dovunque vogliono. Ma non parlano in quanto ebrei e non rappresentano certamente noi tutti. E però, in quanto tanti di loro sono ebrei, tutti noi siamo ritenuti corresponsabili dei loro epici disastri».

«In realtà, i neocon sono combattenti molto ben pagati sul fronte interno edivulgatori del Nuovo Impero Americano. Ideologi senza scrupoli, hanno avuto una parte centrale nel trascinare gli USA in Iraq ed ora sono ansiosissimi di attaccare l'Iran - da lontano, perché non si conti di vedere, loro o i loro figli, arruolarsi nelle unità combattenti in Iran. Alcuni di loro sono spinti da simpatie per l'estrema destra israeliana; i più tuttavia da una dottrina geopolitica manichea rigida della guerra preventiva. Adesso si aggrappano come 'consiglieri di sicurezza nazionale' attorno al bellicoso Rudolph Giuliani, nella speranza di un'altra 'passeggiata' in Iran».

«La verità è che la prima responsabilità cade sul presidente, sul vicepresidente, su Rumsfeld, sui loro sicofanti al Congresso, sui mass media ben lieti di servire da cinghia di trasmissione, e sì, la lobby israeliana, che comprende anche i fondamentalisti cristiani e i cristiani-sionisti, ansiosi di accelerare l'Armageddon […]».

Ebrei che alzano la loro voce contro le atrocità in corso.
Ebrei che accettano di guardare e di sapere.

«Aumentano di giorno in giorno», conclude Polner.
E' una speranza.

Maurizio Blondet

(articolo pubblicato il 13 novembre 2007)


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1) Benjamin Barthe, «Gaza, terre fantome des Mèdias israéliens», Le Monde, 9 novembre 2007.
2) Dalia Karpel, «My God, what did we do?», Haaretz, 9 novembre 2007.
3) Murray Polner, «We aren't one: American Jewish Voices for peace», LewRockwell, 1 novembre 2007.

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sighit Ebrei coraggiosi II

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«Non c'è un soldato di tsahal che non abbia un ricordino preso da una casa palestinese». Dana ricorda soldati che tornavano dalle operazioni con le foto dei palestinesi che avevano ammazzato.
«Allora non mi pareva strano. Uccidere un terrorista importante è un lustro di servizio per i soldati. Solo ora capisco che quelle erano le foto più spaventose che ho visto in vita mia». Un'altra, Tal Ben-Sira Morag, racconta di donne bastonate finchè i bastoni si rompevano.

Un'altra, Illan Michelzon, racconta il suo lavoro al chek-point di Eretz: «Era come una gabbia di topi. Non avevo mai visto i palestinesi di Gaza, coi sacchi sulla testa, vestiti di stracci. La loro povertà. Lì non parlavamo, urlavamo ordini. Ho dovuto cambiare pelle per adattarmi». Una volta, «un palestinese presenta il lasciapassare, un permesso che per ottenerlo ci vogliono due mesi. E i soldati glielo sostituiscono con un altro, e glielo strappano davanti alla faccia, per vedere la sua reazione; poi, ridendo, gli restituiscono il documento originale». Tutte queste soldatesse non hanno mai parlato prima delle loro esperienze operative.

Ben Sira-Morag ricorda di aver detto a sua madre: «E' meglio che tu non sappia». Quando Canale 1 trasmise un reportage sulla sua unità, «i miei genitori non vollero guardare». Molte hanno ferite psichiche permanenti. Una di loro, in vacanza in Vietnam, a Saigon - affollata, la gente che scende dagli autobus, e corre qua e là, i segni dei proiettili ancora sui muri - ha un attacco di panico: «Sono disarmata, non ho un'arma, pensavo, e non riuscivo a calmarmi». Tutte ora aderiscono al movimento «Rompere il silenzio».

Anche Murray Polner, scrittore ebreo americano, ha deciso di rompere il silenzio. Contro il potere della lobby che pretende di parlare per ogni ebreo (3): «E' dagli anni '80», ha scritto, «che le grosse organizzazioni ebraiche raccolgono fondi con lo slogan 'We are one' ('Siamo una cosa sola'). E' sottinteso che gli ebrei americani sono un blocco unico. Ma non siamo 'una cosa sola'. Noam Chomsky è ebreo come Iring Kristol (neocon), e Norman Finkelstein come Alan Dershowitz (che ha fatto cacciare Finkelstein dall'università). Non siamo angeli né santi. E certo non siamo monolitici, nonostante il tentativo continuo di presentare chi di noi critica qualche aspetto della politica israeliana come 'ebrei che odiano se stessi'».

«La verità è che la schiacciante maggioranza dei sei milioni di ebrei americani è contraria al regime neocon Bush-cheney, come dimostra il loro voto. Nel 2000 e nel 2004 la maggioranza assoluta ha votato Al Gore e Kerry. Nelle elezioni del 2006 l'80% dei voti ebraici è andato ai democratici. [….]»

Continua: «Noi non siamo d'accordo con quegli ebrei che tacciono - su Israele e i palestinesi, sull'Iraq, sull'Iran. […] Le voci di pace ebraico-americane non si genuflettono alla Israeli Lobby. Non, la Brit Tzedek v'Shalom - the Jewish Peace Alliance for Justice and Peace - che ha più di 15 mila membri, non la Jewish Voice for Peace, e Meretz USA non la Americans for Peace Now, che ha 25 mila membri. Non i Rabbis for Human Rights, la Jewish Peace Fellowship, e the Shalom Center… […] Rabbi Arthur Waskow del Shalom Center, Rabbi Michael Lerner del Tikkun Magazine, Michael Massing della New York Review of Books, Tony Karon, Philip Weiss, Norman Birnbaum, e molti altri non tacciono».

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sight Ebrei coraggiosi

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Amira Hass, di Haaretz, è stata la sola giornalista israeliana con ufficio stabile a Gaza.
Finchè ha potuto.
Oggi spiega a Le Monde che sono i suoi superiori che dovrebbero chiedere all'ufficio-stampa dell'esercito il permesso perché lei possa passare dal valico di Eretz; ma dal 2000, quando è cominciata la nuova Intifada, direttore e redattori-capo non lo chiedono più.
«Manca la volontà dei media», dice.
«Si comportano come se Gaza non esistesse. Non esiste più dal 2005, dopo il ritiro israeliano, dopo che ci hanno detto che l'occupazione non c'è più».
Non ripetono sempre, anche ambasciatori e governanti, che «non c'è mai stato un popolo palestinese»?

Basta che il mondo non lo veda.
Non veda la fame che sconvolge, dopo quasi un anno di blocco economico totale, non veda la disperazione, non veda i bambini e gli adulti che vengono uccisi a piacere.
E non veda la re-invasione di Gaza, che è in programma ed è stata annunciata dal ministro della Difesa Ehud Barak: la soluzione finale non farà notizia, stavolta.

Cosa poi non si deve vedere e raccontare?
«Una notte, la soldatessa Tamar Yarom fu svegliata da un soldato della sua unità: voleva mostrarle qualcosa nello scantinato della casa abbandonata dove pernottavano. 'Prima di aprire la porta già si sentiva un odore di gasolio e il rumore come di un generatore, ma orrendo', racconta: 'Ho visto un detenuto palestinese di mezza età steso bocconi sul pavimento, gli avevano messo la testa sul generatore, con l'orecchio premuto sul generatore che vibrava. Anche la testa e la faccia di quello vibrava, era tutta deformata. Mi stupii che nonostante tutto il sangue e l'orrore, si poteva ancora vedere una espressione in quella faccia. Questo mi è dentro da allora: lo sguardo di quella faccia».

Oggi la soldatessa Tamar Yarom è regista di cinema.
Il suo ultimo è un documentario, «Li'r'ot im mehayekhet» («Vedere se sorrido»), dove sei soldatesse che hanno prestato servizio nella prima e seconda intifada a Gaza raccontano ciò che non si deve vedere (2).

Una delle sei si chiama Meytal Sandler, è stata infermiera in un reparto operativo a Hebron.
Racconta: «I nostri avevano braccato una cellula (terroristica) e uno dei membri fu ucciso. Ricordo la corsa in ambulanza (con il corpo) insieme a Uriel (un soldato israeliano) che mi guardava e gli veniva da vomitare. Siccome era stato beccato alla testa, non era morto subito, sanguinava e moriva lentamente… perse il controllo dei visceri, succede… Stava lì disteso con gli occhi aperti, e io gli ho chiuso gli occhi perché Uriel mi disse che gli faceva paura. Ci ordinarono di lavarlo prima di restituirlo alla Autorità Palestinese, chè non si vedesse il sangue».

Ricorda di un altro cadavere, che ebbe un'erezione.
«Tutti entrarono a vedere, ridemmo. Io dissi: 'Fatemi una foto', e mi misi in posa accanto al corpo».

Un'altra, Lili Abramov, è stata guardiana ad un posto di blocco.
Ricorda una sua amica e collega che fu ferita alla mascella nell'ottobre 2001 durante un'operazione a Tul Karm.
«Ero così arrabbiata che volli vendicarmi con gli arabi che passavano il chek-point, Durante un turno, ce n'erano 70-80 in attesa. Stavano in fila, io ho deciso di tenerli lì in piedi per tutto il turno, 12-14 ore, sotto il sole. Gli ho ordinato di fare degli esercizi…».

Dana Behar è stata assegnata al 50mo battaglione parà «Nahal», molto reputato, «ragazzi di qualità, kibbutzim, li chiamano Askhenazi gialli perché sono più gentili in confronto ai neri, più violenti, Erano 500 maschi e dieci ragazze».
La prima settimana di servizio, i parà tornano da un'incursione a Qalqilyah, vantandosi con lei, offrendole gli oggetti, fra cui le collane di preghiera e i Corani presi nelle case.
Due giorni dopo, Dana parlò al comandante di battaglione di quei furti.
Quello chiamò in sua presenza il comandante di compagnia, suo superiore diretto, che disse: «Questa è una bugiarda. Non so perché dica questo, forse per darsi importanza».
Da quel momento, i soldati, «quando passavo, sputavano per terra e mi insultavano. Mi isolavano, il che era la cosa più umiliante».
Fu messa a lavare i piatti.

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sabato 3 gennaio 2009

sighit ... donne e uomini aderiscono lotta armata in spagna

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I nomi dei dieci nuovi militanti non sono stati resi pubblici. Ma il modo prescelto per comunicare questa decisione è un segnale preoccupante. Perché dieci persone scelgono un'opzione armata. E perché non lo fanno deliberatamente. Nelle loro parole c'è la disperazione di una condizione di vita che in centinaia provano e hanno provato negli ultimi decenni nelle provincie basche. Spesso, al momento di una retata, si svuotano le case degli amici degli arrestati. E molto spesso questi giovani non hanno nulla a che vedere con le armi, o con manifestazioni di guerriglia. Semplicemente scappano, perché la pratica della tortura nei commissariati spagnoli e le denunce dettagliate, come quella che racconteremo qui sotto, hanno un effetto 'terroristico' sui più giovani, anche i più coraggiosi. La curiosità, come tale una notizia del genere può passare sui mezzi di veloce lettura, è in realtà un microcosmo di nodi e piani intersecati che si sovrappongono, ma che difficilmente si potranno sciogliere senza un ritorno ai pilastri dello stato di diritto, che prevedono la sacralità della vita, leggi per impedire la violenza armata, ma anche l'inviolabilità dell'accusato o del sospettato. I racconti che si susseguono, dopo i cinque giorni di isolamento, hanno sedimentato ormai una vasta letteratura. Sono racconti ripetitivi, tanto quanto i metodi utilizzati dai torturatori. Amnesty international denuncia da anni, il Governo di Madrid si ostina a negare, la politica della sicurezza ha una soluzione anche per questi monologhi di sofferenza: "sono una strategia di Eta". Il direttore di un quotidiano basco, chiuso dalla magistratura non si sa bene ormai perché, fu arrestato e sottoposto a torture. I guardia civil che lo trasportavano a Madrid gli dissero subito, colpendolo: "Dimenticati la Costituzione del cazzo! Questa è la Guardia civil". Un mondo a parte, evidentemente. Gli arresti si susseguono, gli interrogatori non cambiano di violenza, stando ai racconti, Nel caso del presunto 'numero uno', come nel caso del giovane sospettato e basta. L'ultimo esempio. È il sedici dicembre. Le agenzie spagnole battono l'arresto di due uomini e due donne, accusati di essere un commando incaricato da Eta, l'organizzazione armata basca, di raccogliere informazioni sui bersagli. Il nome dei quattro: Arkaitz Landaberea Torremocha, June Villarrubia Mitxelena, Julen Etxaniz García e Saioa Urbistazu Arrieta. Cinque giorni dopo, il quotidiano basco Gara pubblica 'i giorni da ingerno' vissuti dagli accusati negi cinque giorni di incomuinicacion, cinque giorni di torture e vessazioni psicologiche e fisiche. I due giovani, ora in prigione per appartenenza a banda armata, e le due giovani hanno denunciato l'applicazione della bolsa, una specie di guaina che aderisce a bocca e narici e che causa il soffocamento. Cazzotti, schiaffi, flessioni fino a dover ricorrere a medicazioni, vessazioni sessuali, minacce di applicare gli elettrodi.

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sighit.... La giornata della collera

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Nessuno è al sicuro. Un fanatico, pare. Al punto di rifiutare di mettersi in salvo quando, pochi minuti prima del bombardamento della sua abitazione a Gaza, secondo la tv israeliana Canale 10, è stato avvisato dell'arrivo dei caccia che aveva lui come obiettivo. E' morto con altre dieci persone, comprese quattro delle sue mogli e dieci dei suoi figli. Rayyan, docente di diritto islamico all'Università di Gaza, era accusato da Israele di aver trasformato la sua casa in una base operativa di Hamas, con un tunnel scavato in cantina per collegarsi con altri miliziani. Inoltre, sempre secondo Israele, Rayyan era stato in passato vicino alle Brigate Ezzedim al-Qassam, braccio armato di Hamas. Nel dubbio, l'aviazione israeliana ha deciso comunque di bombardare una palazzina abitata da donne e bambini innocenti. Uccidendoli. Hamas ha reagito proclamando per oggi la ‘giornata della collera', invitando a unirsi alle dimostrazioni di protesta contro l'operazione Piombo Fuso anche i palestinesi in Cisgiordania. Il movimento islamico ha anche smentito l'ipotesi di accettare una tregua condizionata circolata in mattinata.

Senza tregua. Con le vittime di casa Rayyan, il bilancio sale a 400 morti. Almeno duemila i feriti, secondo gli ospedali di Gaza, ormai allo stremo e ieri colpiti da alcune bombe israeliane. Non è cessato neanche il lancio di razzi dalla Striscia verso Israele, dove molte famiglie abbandonano le città a tiro dei razzi palestinesi. Il ministro degli Esteri israeliano Livni ha gelato la diplomazia francese, dopo il suo incontro di ieri a Parigi con il presidente Sarkozy, negando l'esistenza di un problema umanitario a Gaza. La Francia aveva chiesto una tregua per aiutare la popolazione civile della Striscia, ma la Livni ha dichiarato che lo stesso Israele non ha mai cessato di inviare aiuti e che ha incrementato le donazioni dall'inizio dell'operazione Piombo Fuso.

Nubi sempre più dense. La Livni ha anche detto che molti obiettivi sono stati distrutti, ma non tutti. Lasciando presagire che l'operazione di terra è sempre più vicina. La diplomazia internazionale non sembra in grado di intervenire con forza nella battaglia. La Libia, membro temporaneo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, aveva chiesto e ottenuto una seduta d'emergenza per chiedere la fine immediata dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza. Il documento libico era molto duro nei confronti d'Israele e alla fine non si è votato cercando un testo più morbido. Un film già visto al Palazzo di Vetro. L'Unione europea, dal canto suo, invierà nella zona i ministri degli Esteri di Francia, Repubblica Ceca e Svezia, ma l'atteggiamento della Livni a Parigi non lascia presagire nulla di buono.

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sighit.... Malattie cardiovascolari III

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Cosa possiamo fare?
Una vita che si accordi pienamente con le legge naturale preserverà la salute e non si svilupperà alcuna malattia.
Il fumo, la sovralimentazione, le occupazioni sedentarie, l’obesità, la ghiottoneria, l’aria viziata, le combinazioni alimentari scorrette, la carenza di riposo, l’acidificazione del terreno biologico, l’eccesso di proteine animali, di zuccheri di sintesi, di amidi raffinati, sono tutte condizioni che alla lunga causeranno un crollo del sistema, che i medici leggeranno poi come “attacco cardiaco”.
Anche i farmaci «essendo veleni, non fanno altro che danneggiare il tessuto cardiaco»[4]
Le regole qui sotto elencate - da prendere con le dovute cautele - sono assolutamente valide per ripristinare un qualsiasi stato di salute: sono alla base di un sana igiene naturale.

Per prima cosa è necessario bloccare la tossiemia dell’organismo:

- Eliminare o ridurre drasticamente le proteine animali (latte, carne, formaggi, pesce) che provocano acidificazione del terreno. Un terreno acido sottrae minerali importanti (calcio, magnesio, sodio, fosforo) da ossa (osteoporosi), denti (carie) e da altri organi;

- Eliminare totalmente gli zuccheri bianchi e gli edulcoranti di sintesi come l’aspartame, che inquinano pericolosamente l’organismo e acidificano il terreno;

- Eliminare le farine bianche (pane, pasta, biscotti, cracker, ecc.) perché subiscono la raffinazione perdendo tutti i principi nutrizionali (vitamine, minerali). Sono carboidrati (zuccheri) allo stato puro e non rappresentano degli alimenti. Una volta ingeriti si trasformano in colesterolo e grasso. Sostituirli con farine integrali biologiche.

Secondo: disintossicare il corpo, mediante dei programma di pulizia:

- Pulizia intestino crasso (idrocolonterapia, clisteri, ecc.)

- Pulizia di fegato e reni (farsi consigliare dal proprio medico naturopata o omeopata, oppure sentire l’erborista di fiducia);

- Eliminazione della Candida (fungo). Sembrerà impossibile, ma ogni qualvolta si usa un antibiotico si permette alla Candida di crescere e svilupparsi a partire dall’intestino. Da qui, il fungo attecchisce praticamente in ogni altro organo creando una situazione precancerosa. Vi sono numerosi metodi naturali per debellare la Candida.

- Un digiuno corretto e supervisionato è fondamentale per disintossicare il sistema e permettere al corpo di riparare i danni. I giorni da preferire sono con luna piena e nuova. Bere frullati e/o centrifugati di frutta e verdura biologica.

Terzo: ristabilire l’equilibrio interno:

- Aumentando il riposo;

- Vivendo al meglio tutte le emozioni, anche le più semplici;

- Eliminando ogni fonte di inquinamento elettromagnetico nella zona notte. Spostare dalla camera da letto il cellulare, la radiosveglia, l’impianto stereo, il computer e il cordless. Riposare senza interferenze elettromagnetiche esterne, permette al corpo di rigenerarsi e di autoguarirsi.

- Bere almeno 8-10 bicchieri di acqua pura, depurata con filtri ad osmosi, oppure di fonte. L’acqua è fondamentale per la vita, ed è il veicolo primario per l’espulsione delle tossine dal corpo. Ricordiamo che l’uomo è in una condizione perenne di disidratazione.

- Mangiare ogni giorno frutta e verdura di stagione prodotte da coltivazione biologica e/o biodinamica. Soprattutto abbondare di verdure a foglie verdi, le uniche in grado di apportare i nutrienti base (protidi, lipidi, gludici) della vita, grazie alla fotosintesi clorofilliana.


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[1] “Cosa può essere fatto per la malattia cardiaca?”, Dottor Herbert M. Shelton, “Scienza e Salute”, giugno 1998
[2] “La pressione del sangue”, Dottor Herbert M. Shelton, “Scienza e Salute”, giugno 1989
[3] “Cosa può essere fatto per la malattia cardiaca?”, Dottor Herbert M. Shelton, “Scienza e Salute”, giugno 1998
[4] “Alcune osservazioni sugli attacchi di cuore” Dottor John J. Mega, “Scienza e Salute”, giugno 1998

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sighit.... Malattie cardiovascolari III

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Cosa possiamo fare?
Una vita che si accordi pienamente con le legge naturale preserverà la salute e non si svilupperà alcuna malattia.
Il fumo, la sovralimentazione, le occupazioni sedentarie, l’obesità, la ghiottoneria, l’aria viziata, le combinazioni alimentari scorrette, la carenza di riposo, l’acidificazione del terreno biologico, l’eccesso di proteine animali, di zuccheri di sintesi, di amidi raffinati, sono tutte condizioni che alla lunga causeranno un crollo del sistema, che i medici leggeranno poi come “attacco cardiaco”.
Anche i farmaci «essendo veleni, non fanno altro che danneggiare il tessuto cardiaco»[4]
Le regole qui sotto elencate - da prendere con le dovute cautele - sono assolutamente valide per ripristinare un qualsiasi stato di salute: sono alla base di un sana igiene naturale.

Per prima cosa è necessario bloccare la tossiemia dell’organismo:

- Eliminare o ridurre drasticamente le proteine animali (latte, carne, formaggi, pesce) che provocano acidificazione del terreno. Un terreno acido sottrae minerali importanti (calcio, magnesio, sodio, fosforo) da ossa (osteoporosi), denti (carie) e da altri organi;

- Eliminare totalmente gli zuccheri bianchi e gli edulcoranti di sintesi come l’aspartame, che inquinano pericolosamente l’organismo e acidificano il terreno;

- Eliminare le farine bianche (pane, pasta, biscotti, cracker, ecc.) perché subiscono la raffinazione perdendo tutti i principi nutrizionali (vitamine, minerali). Sono carboidrati (zuccheri) allo stato puro e non rappresentano degli alimenti. Una volta ingeriti si trasformano in colesterolo e grasso. Sostituirli con farine integrali biologiche.

Secondo: disintossicare il corpo, mediante dei programma di pulizia:

- Pulizia intestino crasso (idrocolonterapia, clisteri, ecc.)

- Pulizia di fegato e reni (farsi consigliare dal proprio medico naturopata o omeopata, oppure sentire l’erborista di fiducia);

- Eliminazione della Candida (fungo). Sembrerà impossibile, ma ogni qualvolta si usa un antibiotico si permette alla Candida di crescere e svilupparsi a partire dall’intestino. Da qui, il fungo attecchisce praticamente in ogni altro organo creando una situazione precancerosa. Vi sono numerosi metodi naturali per debellare la Candida.

- Un digiuno corretto e supervisionato è fondamentale per disintossicare il sistema e permettere al corpo di riparare i danni. I giorni da preferire sono con luna piena e nuova. Bere frullati e/o centrifugati di frutta e verdura biologica.

Terzo: ristabilire l’equilibrio interno:

- Aumentando il riposo;

- Vivendo al meglio tutte le emozioni, anche le più semplici;

- Eliminando ogni fonte di inquinamento elettromagnetico nella zona notte. Spostare dalla camera da letto il cellulare, la radiosveglia, l’impianto stereo, il computer e il cordless. Riposare senza interferenze elettromagnetiche esterne, permette al corpo di rigenerarsi e di autoguarirsi.

- Bere almeno 8-10 bicchieri di acqua pura, depurata con filtri ad osmosi, oppure di fonte. L’acqua è fondamentale per la vita, ed è il veicolo primario per l’espulsione delle tossine dal corpo. Ricordiamo che l’uomo è in una condizione perenne di disidratazione.

- Mangiare ogni giorno frutta e verdura di stagione prodotte da coltivazione biologica e/o biodinamica. Soprattutto abbondare di verdure a foglie verdi, le uniche in grado di apportare i nutrienti base (protidi, lipidi, gludici) della vita, grazie alla fotosintesi clorofilliana.


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[1] “Cosa può essere fatto per la malattia cardiaca?”, Dottor Herbert M. Shelton, “Scienza e Salute”, giugno 1998
[2] “La pressione del sangue”, Dottor Herbert M. Shelton, “Scienza e Salute”, giugno 1989
[3] “Cosa può essere fatto per la malattia cardiaca?”, Dottor Herbert M. Shelton, “Scienza e Salute”, giugno 1998
[4] “Alcune osservazioni sugli attacchi di cuore” Dottor John J. Mega, “Scienza e Salute”, giugno 1998

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